ANA Campania e il riconoscimento dei professionisti della cultura

Da qualche giorno si è segnata una svolta epocale nell’ambito legislativo dei beni culturali italiani. A quarant’anni dall’istituzione del Ministero per i Beni Culturali e dieci dall’emanazione del Codice di tutela del patrimonio, è stata approvata la proposta di legge sul riconoscimento dei professionisti della cultura.

Silenti ed operosi, i tanti archeologi, archivisti, storici dell’arte, bibliotecari, antropologi e le altre professionalità coinvolte, con un background accademico e di esperienze formative da far invidia, hanno vissuto nei luoghi di lavoro vicende al limite del legale.

Finte partita iva, contratti di minima retribuzione per lavori complessi e di alta specializzazione, precariato, nessuna tutela per le donne e la maternità, i professionisti della cultura hanno visto realizzare dopo anni di continue richieste, una necessità urgente non solo per le risorse umane coinvolte ma anche per il patrimonio del paese.

Con lo slogan “Più tutele per chi tutela”, di questa vicenda se ne è occupata l’Associazione Nazionale Archeologi, sin dalla sua costituzione nel 2005. Con manifestazioni in piazza e al fianco di forze politiche che hanno sostenuto negli anni l’obiettivo del riconoscimento giuridico, insieme ai sindacati e le associazioni di categoria, l’ANA ha ottenuto la modifica al codice in materia dei professionisti.

Abbiamo chiesto ad ANA Campania, nella persona dell’archeologo e Vice Presidente Regionale Nicola Meluziis, in che modo la sezione campana dell’associazione ha contribuito alla realizzazione dell’obiettivo.

Meluziis prontamente ha ricordato che l’associazione è nata proprio sui cantieri TAV della Campania e ha spiegato che la sezione regionale “ha dato il suo contributo in questi anni di lotta per il riconoscimento, allo stesso modo degli altri distaccamenti regionali dell’Associazione. Nell’ultimo anno ANA Campania ha incontrato gli studenti universitari e le varie rappresentanze dei professionisti, adoperandosi in vari fronti quando arrivavano segnalazioni dai soci, di omissioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni per l’inserimento dell’archeologo nelle pianificazioni territoriali ed urbanistiche”.

Ma, di certo, la Campania deve collaborare insieme alle altre regioni, dice Meluziis: “Sappiamo bene che è a Roma che ci sono i palazzi del potere e dalla Campania cerchiamo di portare il nostro contributo frutto di battaglie continue fatte sui vari cantieri nei quali ci troviamo ad operare. La realtà campana è una realtà intensa anche dal punto di vista culturale – dice Meluziis –; ci sono regioni più calde e la Campania è una di queste. Forse insieme al Lazio sono le regioni più difficili perché il patrimonio da noi è sconfinato ed i professionisti che operano sono numerosi. Specie in provincia di Napoli i lavori archeologici avvengono spesso in assenza di controllo perché già i cittadini non rispettano la legge, vedendo nella figura dell’archeologo inviato dalla Soprintendenza, un nemico dal quale sfuggire per portare a termine i lavori. Dal canto loro i funzionari di Soprintendenza sono pochi o in diminuzione, chi va in pensione non viene sostituito mediante una nuova assunzione, e con risorse sempre più ridotte all’osso”.

La modifica al codice prevede anche l’istituzione di elenchi nazionali per i professionisti coinvolti, sembra dunque che in termini di risorse umane la regione potrà avere un potenziamento. Ci spiega il vice presidente Meluziis che “adesso lo Stato sancirà chi potrà esercitare la professione, garantendo la tutela e la sopravvivenza del nostro patrimonio culturale. Questo è stato solo il primo passo, necessario per poter procedere alla creazione della figura professionale e dei suoi requisiti necessari”. Ma non solo professionisti, anche ricaduta in termini economico – turistici: “La tutela e la salvaguardia del patrimonio sono fattori positivi non solo per i professionisti che hanno scelto di vivere di cultura, ma costituiscono qualcosa di benefico per l’Italia intera sia in termini di crescita culturale dei cittadini, sia in termini economico-turistici, perché nessuno ha quello che abbiamo noi”.

Nonostante tutto si legge ancora un po’ di incertezza in alcuni, che sembrano guardare con scetticismo al cambiamento, forse troppo avviliti dalla realtà vissuta per anni. A questi ultimi si rivolge l’archeologo napoletano: “Adesso che una parte degli archeologi italiani, per anni, ha lottato per il riconoscimento della professione, mi aspetto una presa di coscienza da parte degli scettici. Bisogna capire che il senso di appartenenza ad una professione significa anche sapersi immedesimare nei problemi degli altri, perché un giorno quei problemi potrebbero essere i nostri”. 

Leave a Comment

Cerca Evento