Irresistibile nocciola e castagne famose in tutto il mondo. Due prodotti che ormai sono riconosciuti non soltanto a livello nazionale ma vengono esportate in tutto il mondo, conferendole quell’aura di unicità che difficilmente riesce a trovarsi in prodotti di altri paesi.
Che la nocciola sia radicata in Campania fin dall’antichità è fatto ormai risaputo, così come ci confermano alcuni affreschi degli scavi di Pompei ed Ercolano, senza menzionare il Museo Nazionale di Napoli, in cui sono presenti alcuni frutti carbonizzati provenienti da scavi archeologici. Bisogna però attendere il Medioevo per avere notizie certe sulla coltivazione del frutto.
La Campania è la regione italiana in cui la coltura della nocciola ha la tradizione più antica. Tra le nostre nocciole più conosciute nel panorama gastronomico possiamo annoverare quella “avellana”, il cui nome segnalato dal naturalista Linneo, deriva dall’antichissima città campana chiamata Abella. Oggi il meglio della produzione delle nocciole è disseminato tra la Valle dell’Irno e del Picentino, con un particolare tipo a cui è stata riconosciuta il titolo di IGP, la “nocciola di Giffoni”: dalla tipica forma arrotondata di color marrone chiaro con alcune striature più scure.
Accanto a questa si distingue un altro frutto di grande storia, come la “castagna di Montella”. Già nota nell’800 quando era esportata nelle americhe, anch’essa ha conseguito la denominazione IGP. In tempi antichi, in Irpinia e nella valle del Calore le castagne venivano essiccate sul pavimento dei solai delle case, sfruttando il fumo ed il calore delle cucine sottostanti. Nel periodo natalizio è ricercatissima la “castagna del prete”, ottenuta con castagne in guscio essiccate, tostate e successivamente idratate con acqua. Una volta sgusciate queste si presentano di colore marrone intenso e hanno quel caratteristico sapore che richiama lo zucchero caramellato, a cui è dedicata anche una sagra che si svolge, puntualmente, ogni novembre.
Ancora oggi la produzione è riservata per la maggior parte all’estero mentre soltanto una minima parte, attestata attorno al 25%, viene destinata al consumo nazionale. La buona resistenza alla conservazione così come la sua fragranza consentono due forme principali di utilizzo: fresco e secco, sia in guscio che sgusciato.