Consigli utili per una settimana di felicità. Partiamo da un piatto che riassume la cultura e la tradizione della nostra terra, invidiata in tutto il mondo e che solo noi siamo capaci di fare così bene: la pizza.
Fin dall’antichità l’uomo lavoratore dei campi raccoglieva i chicchi di grano e, quando ne aveva bisogno, se ne nutriva. In seguito si scoprì che poteva anche impastare quel grano con l’acqua e arrostire quell’impasto, a forma di disco su pietre roventi. I primi che fecero questa procedura aprirono la strada alla conquista del pane, delle schiacciate, delle pizze per come le conosciamo oggi. Da questa considerazione possiamo dire che pane e focacce sono all’origine della pizza e rappresentano la radice stessa della nostra civiltà. Il grande passo successivo fu quando venne scoperto il principio della lievitazione, e fu inventato il primo forno per una cottura molto più comoda rispetto al passato. Questo avvenne circa seimila anni fa, in Egitto nella zona della mezza luna fertile, dal Nilo all’Eufrate.
C’è chi di questa manifattura ne ha fatto un’arte e l’ha collegata ad uno dei simboli della storicità della nostra terra, come gli Scavi di Oplonti a Torre Annunziata in provincia di Napoli. E’ di fresca invenzione, infatti, la Pizza Kumato Orto di Lucullo, nato al Lounge Restaurant “L’Incrocio”, grazie al maestro pizzaiolo Antonio: un mix di ingredienti molto semplici, come pomodoro Kumato, fiordilatte ed un filo di olio extravergine di oliva Dop. Un pomodoro nero, dolce quasi come un frutto, con un contenuto più alto di vitamina C e che si chiama “Kumato”, come detto, uno dei pomodori più strani che oggi si può portare sulle tavole campane.
Il Pomodoro Kumato non è il risultato dei progressi dell’ingegnerie genetica, ma il frutto di migliaia di incroci tra diverse varietà di frutti, progenitrice di una varietà selvatica di pomodoro, il “Lycopersicon cheesmanii”, che cresce tutt’oggi spontaneamente nelle Isole Galapagos.
Già assaggiata ed approvata a pieni voti dai clienti che hanno affollato e che vengono a rifocillarsi a “L’Incrocio”, specie dopo aver trascorso una giornata, o anche qualche ora, agli Scavi di Oplonti, ammirando le bellezze, dapprima archeologiche e poi culinarie, della nostra terra.