L’arte ed i materiali del presepe napoletano

Tradizionalmente ambientato nei contesti partenopei del settecento

«”Ma a te… te piace ‘o presepe??” “No. Nun me piace. Voglio ‘a zuppa ‘e latte!”»

Questa è la memorabile frase recitata da Luca Cupiello, rivolgendosi al figlio Tommasino che non vuole alzarsi dal letto la mattina della vigilia di Natale, nella piece teatrale intitolata “Natale in casa Cupiello” del compianto maestro Eduardo de Filippo.

L’antica arte presepiale, pur facendo riferimento alle vicende legate alla nascita di Gesù bambino come rappresentante nelle Sacre scritture alla base delle principali religioni monoteiste, fa parte a pieno titolo delle tradizioni moderne nei cinque continenti. Il fatto di celebrare la nascita di quel bambinello, in un contesto familiare certo difficile per via delle persecuzioni razziali e della relativa difficoltà economica, è comunque apprezzato per il suo simbolismo oltre all’aspetto strettamente commerciale in ogni cultura.

Il presepe napoletano viene tradizionalmente ambientato nei contesti partenopei del settecento, con le sue scene di vita quotidiana fra i vicoli di quei luoghi, benché sia tutto piuttosto lontano dalla realtà del medio oriente di 2000 anni fa.

Questa vera e propria forma d’arte si è mantenuta sostanzialmente inalterata nei secoli, arrivando a farsi conoscere nei quattro angoli del globo come uno dei simboli della Napoli amata da turisti e non. È, infatti, la celebre via San Gregorio Armeno uno dei principali punti di interesse del centro storico napoletano che merita assolutamente di essere visitato in ogni momento dell’anno: vetrine, maestri scultori all’opera, statuette meccanizzate in azione ne fanno il mondo dei balocchi per grandi e piccini. Per l’industria turistica è anche un modo per destagionalizzare il business, senza perdere l’identità culturale dei luoghi, ancor meglio se in combinazione con l’eccellente enogastronomia locale.

La prima traccia documentata della presenza di un presepe a Napoli è impressa in un atto notarile del 1021, mediante la citazione della Chiesa di Santa Maria “ad praesepe”. Dai successivi secoli, poi, sono arrivate fino ai giorni nostri varie statue come quella della Madonna del Museo Nazionale di San Martino.

La nascita del maestro scultore delle figure che compongono i presepi è fatta risalire al XV secolo, dei veri artisti impegnati nella creazione di quelle specifiche opere. Merita una menzione Pietro Belverte che, nel 1507, per la prima volta ambienta la Natività in una grotta di pietre reali. Ed ancora l’artista Domenico Impicciati che sembrerebbe essere stato il primo a creare le statuine in terracotta per uso privato nel 1532.

Fece il suo arrivo a Napoli nel 1534 colui che aveva creato il presepe per la Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma: Gaetano da Thiene, colui al quale viene attribuito il merito di aver dato il via alla tradizione del presepe napoletano natalizio in chiesa come in casa.

All’inizio del seicento il presepe barocco segna il passaggio dalle statuine composte da un pezzo unico, alle sculture di legno snodabili arricchite da abiti di stoffa. Le dimensioni passano da quelle ad altezza naturale, fino ad un’altezza media di 70 cm: ora la Natività poteva essere facilmente smontata fino al Natale successivo.

Nell’anno 1640 si migliora ancora la naturalezza delle pose, introducendo l’anima in fil di ferro rivestito di stoppa al posto del rigido legno. E sul finire di quel secolo nacque la rappresentazione del quotidiano napoletano, ricco di piazzette e vicoli animati, persone intente alle attività più disparate e un’ampia varietà di oggetti di uso comune che non hanno niente a che fare con il sacro. Il ‘700 vide il presepe entrare nelle dimore di nobili ed aristocratici, che ne commissionano come opere d’arte.

Negli ultimi 150 anni si è molto ridimensionato il mercato, pur continuando ad essere centrale nella tradizione popolare con le sue simbologie e le botteghe artigiane che ancora sanno creare montagne con pochi colpi di seghetto alternativo ed un talento artistico insito nel DNA.

Foto: geralt / Pixabay

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