Fu eccezionale nell’interpretare ruoli che richiamano tutti a personaggi borghesi
Aroldo Tieri non è stato, tecnicamente, una spalla di Totò. Ma il grande attore calabrese sfidò, per amicizia col principe De Curtis, lo scetticismo di certa intellighencjia che snobbava, pubblicamente, i suoi film.
Tieri è stato uno dei più importanti interpreti del teatro italiano che ha portato il suo talento anche davanti alla macchina da presa. Recitò in diversi film con Totò e fu (anche) grazie a lui se la critica si accorse, finalmente, delle immense potenzialità del Principe della Risata.
Fu eccezionale nell’interpretare ruoli che richiamano tutti a personaggi borghesi, intrisi di un romanticismo che sfocia nel parossismo patetico e di un’arroganza di casta, quella che si riassume nel trito e minaccioso luogo comune del “Lei non sa chi sono io”.
Tra tutte le interpretazioni, Aroldo Tieri si superò in Totò Sceicco (1950). Interpreta Gastone, il figlio viziato e folle della marchesa. Zuppo di romantica fantasticheria propriamente ottocentesca, ogni cosa per lui è uno spasmo: muore di gelosia per la sua amata Lulù, cabarettista che – a dispetto dei suoi sospetti – lo riama al punto da raggiungerlo in Africa, al forte della Legione Straniera dove s’è arruolato, inseguito dai suoi stessi fantasmi.
Totò è il protagonista Antonio Sapone, maggiordomo di casa ingaggiato dalla marchesa madre (“Come soffro, come soffro”, il tormentone del personaggio interpretato da Ada Dondini) per riportare il marchesino Gastone a casa.
Sono due gli scambi di battute più gustosi del film. Il primo, quando Totò va a recuperare Gastone dall’amante e questi, in un crescendo nevrastenico e farsesco arriva a chiedergli di sparargli. E poi quando, di fronte alla suprema bellezza di Antinea (Tamara Lees), il marchesino rinnega la sua amatissima Lulù e il suo maggiordomo, che ha stregato il cuore della regina delle Atlantidi, chiama gli armigeri per portare al fresco quell’impunito. In mezzo le scene cult: i miraggi nel deserto, in fuga dai ribelli del Sahara e la crisi da chiodo solare: “Maledetto sole africano!”
Tieri partecipa anche ad altri lavori di Totò, questa volta in coppia con il grande Peppino De Filippo. È il viscido notaio che in Letto a Tre Piazze (1960) seduce la (presunta) vedova di Totò reduce (di ritorno) dalla Russia che intanto s’era risposata al professor Peppino Castagnano.
Dello stesso anno è “Chi si ferma è perduto”, in cui Tieri interpreta l’ispettore aziendale Matteo Rossi che tra equivoci e minacce deve decidere chi, tra Antonio Guardalavecchia e Peppino Colabona merita la tanto sospirata promozione. In un caleidoscopio di colpi di scena e dispetti, si finisce in un comico gioco delle coppie che tutte finiscono nello stesso motel. Tieri è Colabona, nel senso della moglie (francese) di Peppino. E tutti e due, Totò e Peppino, finiranno in Sardegna.