Itinerario. Calata San Francesco: dal Vomero alla Riviera di Chiaia

Una via caparbia, lunghissima e pendente che arrivata al mare si riposa e assorbe il sole

Dunque, oggi diamo i numeri: 200, 135 e 69. Cosa sono? Percorsi pedonali, scale e gradonate di questa città che, come canta E. Bennato, è una “città obliqua”.

Tra le varie vie oblique che scendono dalle colline al mare, le cosiddette pedamentine (da pedemontanus, ai piedi della collina), nella brulicante collina del Vomero ne esiste una che porta il nome del Santo poverello: calata San Francesco.

È meglio conosciuta come l’imbrecciata questa’antica strada per le tante brecce e ciottoli che la ricoprivano. Era l’alveo di un fiume e si “cala”, appunto, dalla collina al mare. Va giù lunga, lunghissima, pendente, prima strada e poi piccole e strette scalette tagliando ben quattro vie prima di incontrare il mare: via Aniello Falcone, via Tasso, Corso Vittorio Emanuele e via Crispi. È una via lunga e caparbia. Lei vuole raggiungere il mare e fermarsi alla Riviera di Chiaia, dove si riposa e assorbe finalmente tutto il sole che a sprazzi ha fatto filtrare tra le sue strette vie.

Ad ogni incontro con un’altra via, una sosta – omaggio ad alcuni personaggi che appartengono alla cultura napoletana. Così, all’altezza di Via Aniello Falcone c’è Nino Taranto. A lui, straordinario attore e mitica spalla di Toto‘, sono intitolati dei piccoli giardinetti dal panorama mozzafiato: si vede Capri, si distingue Mergellina, la chiesa di Santa Maria del Parto e la tomba di Virgilio. Peccato l’eccessiva incuria difronte alla quale anche il buon Nino si farebbe una risata, ma stavolta amara e rassegnata.

All’altezza di Via Tasso c ‘è invece Vincenzo Gemito. Alla fine delle scale, balza subito agli occhi una targa a lui dedicata. È affissa su un enorme edificio giallo pastello e apprendiamo che è proprio qui che visse segregato per 20 anni in compagnia della sua più tenace amica, la follia. Gemito, artista, disegnatore e orafo, era conosciuto come ‘o scultore pazzo che seppe rappresentare come pochi la città povera e scugnizza.

Giunti altezza di Via Crispi dove gli antichi casali hanno ceduto spazio ad eleganti villini liberty, si comprende finalmente perché questa via è dedicata poi a San Francesco. Il nome si deve alla chiesa di San Francesco degli Scarioni nei pressi dell’Arco Mirelli. La chiesa barocca, neanche a dirlo, è chiusa, ma colpisce per il suo alto arco in piperno e la statua lignea settecentesca del Santo, bella e imponente che, mano sul petto, distoglie lo sguardo dal mare e si rivolge verso la collina. In mezzo a queste viuzze intricate se ne scorge proprio una timida e nascosta difronte alla chiesa.

È un piccolissimo vicolo dedicato a Santa Luisa di Marillac, francese e fondatrice delle figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli. In questo Istituto, c’è solo silenzio…e carità, ovvio. Varcata la soglia, col permesso di una piccola suora gentile, si individuano archi di foglie verdi fatti di rampicanti e bouganville in un viale circondato da pini dal perfetto taglio geometrico.

L’ottocentesco convento è enorme, giallo e bianco. Ha anche una piccola chiesetta “In Conceptione Tua Virgo Immaculata Fuisti”, si legge sull’altare: la Madonna è qui, raggio di luce di marmo bianco tra vetrate e stucchi. L’ambiente è moderno, eppure ha una solennità antica ed infonde una serenità che dalla chiesa si trasferisce alla voce di un’altra suora piccola e minuta come i suoi occhi. Delicatamente ci racconta della loro missione caritatevole nel quartiere, dell’aiuto ai poveri e ai più bisognosi. Le chiamano suore grigie queste dame della carità e hanno trovato dimora nella città del sole.

Il sole, calata San Francesco, lo assorbe già qui, pochi metri prima di giungere alla Riviera di Chiaia dove finalmente si adagia e riposa.

Event Details
Cerca Evento