Da Napoli a Benevento, passando per la costiera amalfitana, Pompei, il Cilento e la Reggia di Caserta
Non è certo un riconoscimento che rende grande un luogo, una storia. Un premio, semmai, è un tributo. L’Unesco, di questi tributi, ne ha elargiti in lungo e in largo per il mondo. Negli anni, la mappatura di tutti i siti che meritano di essere tutelati e promossi perché rappresentano un patrimonio che dovrebbe essere di tutta l’umanità è diventata un’importante guida per i turisti di tutto il mondo. Non poteva restarne fuori la Campania, dove l’organizzazione delle Nazioni Unite ha individuato dei tesori che sono meritevoli di attenzione e protezione.
In ordine cronologico, il primo sito riconosciuto è quello del centro storico di Napoli. L’iscrizione avvenne nel dicembre del 1995, fu ratificata a Berlino. A motivare la decisione, la peculiare storia, architettonica e culturale di quella che fu tra le più brillanti capitali del Mediterraneo. Le influenze greche, prima di quelle romane e poi del lungo periodo medievale quando fiorirono le costruzioni, da quelle religiose (come la chiesa di Santa Chiara) a quelle politiche e militari (da Palazzo Reale a Castel dell’Ovo e Maschio Angioino) che hanno fatto di Napoli una delle città più interessanti e affascinanti del mondo.
Due anni dopo, nel 1997 alla conferenza Unesco tenutasi proprio a Napoli, il riconoscimento toccò a due immensi tesori artistici e archeologici che fanno della Campania una delle mete più ambite del turismo internazionale. Divennero siti Unesco l’area archeologica di Pompei, Torre Annunziata e Ercolano e la Reggia di Caserta insieme al complesso di San Leucio e all’acquedotto vanvitelliano. Non serve aggiungere altro, se non la suggestione invincibile dell’aver “accoppiato” (forse inconsapevolmente) due tesori, due simboli della potenza e della ricchezza, in due epoche diversissime tra loro. Due storie che intrecciano fra loro quelle di uomini eccezionali, Plinio il Vecchio intessuto al genio di Luigi Vanvitelli, la ricerca dell’armonia del classico messa a specchio all’ispirazione più autentica di quell’epoca.
Dato che non c’è due senza tre, in quella stessa conferenza fu ammessa al club dei siti Unesco anche la Costiera Amalfitana. Le motivazioni ufficiali dell’iscrizione non riescono a restituire nemmeno una scintilla dello splendore della divina. La potenza del paesaggio, la bellezza indomabile della collina che si tuffa a mare, la superba Amalfi, la tenacia degli uomini che qui hanno fondato borghi capaci di stregare e soggiogare i più grandi personaggi, come Ravello fece con Richard Wagner.
Passò un anno e nel 1998 fu iscritto nell’elenco dei siti Unesco anche il Parco del Cilento, con particolare riferimento alla Certosa di San Lorenzo a Padula e al tesoro di Paestum e di Velia. L’antica Lucania, la devozione e la storia di un monachesimo antico epperò fresco e potente che proprio lì ebbe ad attecchire per primo, si annoda all’epopea dei Focesi che fondarono l’antica Elea dove il pensiero occidentale conobbe in Parmenide uno dei suoi più grandi maestri; lo scontro e l’incontro tra le civiltà antichissime e nuove nel territorio di Paestum, tra lucani, italici etruschi, greci e poi romani.
L’ultimo ingresso nell’elenco Unesco riguarda Benevento. Avvenne nel 2011, il patrimonio della città sannità fu inserito nell’ambito del sito “seriale” de I Longobardi, i luoghi del potere”. Questo sito comprende, insieme all’eccezionale complesso di Santa Sofia nel capoluogo sannita, l’area della Gastaldaga e il complesso Episcopale di Cividale del Friuli, in provincia di Udine, l’area monumentale e il complesso monastico di San Salvatore e Santa Giulia a Brescia, il castrum a Castelseprio Torba a Varese, la Basilica di San Salvatore a Spoleto e il tempietto del Clitunno a Campello sul Clitunno, entrambi in provincia di Perugia e il santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo di Foggia.