Dal “ciutunaro” ai giorni nostri: la papaccella napoletana

Ideale per le conserve oppure sottolio tipico degli ultimi giorni dell’anno: la ricetta

Le bancarelle dei mercati partenopei, a partire dal mese di luglio fino ai primi freddi, traboccano di peperoni colorati ma solo i napoletani autentici – ormai solo quelli di una certa età – sanno cogliere a colpo d’occhio le autentiche papaccelle ricce.

Si tratta di un peperone, dalle bacche piccole, un poco schiacciate e costolute (ecco perché si dice riccia), molto carnosa e saporitissima: ideale per le conserve tradizionali sottaceto oppure sottolio. I mercati sono invasi infatti da peperoni ibridi, pressochè identici alle papaccelle di un tempo. In realtà riconoscerle non è difficile: le papaccelle veraci sono piccole, raggiungono al massimo gli 8, 10 centimetri di diametro. Le bacche hanno colori decisi che variano dal verde intenso al giallo sole (i frutti gialli sono generalmente più grandi) o dal verde al rosso vinato. La dolcezza della polpa è l’elemento peculiare che distingue la papaccella da altre varietà di aspetto simile ma dal gusto decisamente piccante. Il profumo è articolarmente intenso, con note fresche ed erbacee.

La semina può essere effettuata dalla seconda metà di marzo alla prima decade di luglio, mentre la raccolta, eseguita a mano, avviene dalla seconda metà di giugno ai primi di novembre. La papaccelle possono essere consumate freschearrostitesaltate in padella, oppure al fornofarcite con il classico ripieno di tonno o alici salateolivemollica di paneuvettapinolipomodorini del piennolo e capperi. Le bacche conservate sotto aceto di vino rosso rappresentano l’ingrediente principe dell’insalata di rinforzo, tipico piatto delle feste natalizie partenopee. Gli orti in cui si coltivava un tempo la papaccella (le parule) si trovavano in particolare nelle vicinanze di Brusciano, dove molti abitanti hanno come cognome “Papaccio”. Le coltivazioni erano localizzate nei pressi di masserie destinate alla produzione dell’aceto necessario per la conservazione:  l’aceto si ricavava solitamente dal cosiddetto vino piccirillo, un vino rosso ottenuto da viti coltivate ad alberata (cioè appoggiate ad alberi vivi disposti in filari), aspro e poco alcolico, da consumare subito dopo la vendemmia.

Il “ciutunaro“, così in dialetto si chiamava la persona che produceva le conserve, si occupava di immergere in aceto i peperoni e gli altri prodotti dell’orto all’interno dei cosiddetti rancelloni, sorta di botti in legno che potevano contenere fino a 150 chili di papaccelle intere, mai a filetti.

La Regione Campania ha recuperato il germoplasma e in un campo sperimentale si riproducono i semi originari che saranno messi a dimora dai produttori del Presidio. E’ stato stilato un severo disciplinare che garantisce una produzione di qualità elevata, con reali caratteri di ecosostenibilità ed ecocompatibilità. Infatti, anche la papaccella rientra tra i presidi slow food. Conservare sotto aceto le bacche è davvero facile, proviamo a farlo seguendo la ricetta delle nonne.

INGREDIENTI
2 kg di papaccelle
aceto bianco di vino
sale marino grosso

Procedimento. Lavare le papaccelle ed asciugarle molto bene per eliminare completamente il terriccio. Sistemarle in grossi barattoli di vetro. Aggiungere per ogni litro d’acqua un litro d’aceto e un bel pugno di sale grosso. Lasciare riposare al fresco i barattoli (se si forma un velo biancastro è solo la combinazione del sale con l’aceto, se si dovesse formare buttarlo via). Le papaccelle saranno pronte quando diventeranno più scure, lucide, ma comunque abbastanza sode. Saranno pronte entro 25/30 giorni. Si possono utilizzare sia cotte che crude. Sono un ottimo contorno per la carne e, principalmente, con le costatelle di maiale.

In abbinamento sceglieremo un “Trebulanum” – Cantine Alois – Casavecchia, un vino che è poesia ma ancora di più è storia. Un vitigno abbandonato e recuperato con maestria dalla cantina Alois, riportato alla luce per farlo conoscere nella sua straordinaria qualità e temperamento. Al naso si propone con intensità, il deciso profumo di ciliegio e di spezie orientali la fanno da protagonisti. Al gusto è un vino che riempie la bocca, pieno e vibrante con note marcate di fico secco e frutti rossi.

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