La mostra, a cura di Beniamino Levi, è visitabile fino al 30 settembre
Il genio del maestro catalano Salvador Dalì incontra uno dei luoghi più belli e monumentali di Napoli: il complesso di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta. La Chiesa, fondata nel VI secolo dal Vescovo Pomponio, sorse nel luogo dove il Diavolo, sottoforma di scrofa, infestava la zona incutendo terrore tra i passanti. Il prelato sognò la Madonna e ricevette l’ordine di costruire un edificio sacro dedicato al suo nome: nasceva così la Chiesa di Santa Maria Maggiore, eretta per un preciso scopo esorcistico.
E’ un luogo ricco di storia, magico, dove si intrecciano storie che attraversano i secoli; qui le sacerdotesse della dea Diana osservavano il moto degli astri e creavano rimedi e medicamenti con le erbe, qui passava l’acquedotto greco – romano e sempre qui, nelle viscere della Pietrasanta, in quel dedalo non del tutto esplorato di cunicoli e cisterne, trovarono rifugio gli abitanti della zona durante i bombardamenti del 1942 e 1943. E’ quindi il luogo perfetto per poter ospitare una retrospettiva su Dalì, con opere originali che dialogano magistralmente con le architetture barocche della Chiesa, opera di Cosimo Fanzago del 1656.
La Mostra, a cura di Beniamino Levi e con la direzione artistica di Roberto Pantè, è un progetto particolare che vede Napoli come la prima tappa di un tour mondiale. E’ un’immersione nel mondo di Dalì che unisce arte, musica e cinema, mettendo in comunicazione l’arte surrealista del genio catalano con il cinema thriller di Alfred Hitchcock. Il percorso espositivo tratta i temi della paranoia, del sogno, della psicoanalisi e del recupero della memoria perduta, elementi che ritroviamo nel film “Io ti salverò“, il cui titolo originale è Spellbound, che da anche il nome alla Mostra. La pellicola è la trasposizione cinematografica del romanzo “La casa del dottor Edwardes” di Francis Beeding e racconta il tormentato rapporto tra il direttor Antony Edwardes, interpretato da Gregory Peck e la dottoressa Costance Petersen, una magnifica Ingrid Bergman.
Hitchcock volle Dalì fortemente affinchè curasse una sequenza del film in cui il protagonista faceva un sogno. Precedentemente il mondo onirico veniva rappresentato sporcando la telecamera con della vasellina, per creare un effetto evanescente. Dalì invece riformula totalmente il concetto di sogno, inserendo ovunque occhi e cassetti, elementi simbolo che aveva ripreso da colui che definiva suo padre, Sigmund Freud. Domina poi la scena l’enorme telone dipinto dal pittore pieno di occhi, che ha fatto da scenografia alla sequenza del film. Noi oggi ne vediamo tre minuti, in origine ne durava venti.
Dalì incontrò il padre della psicoanalisi nel 1938 a Vienna e rimase folgorato. Prima di entrare in casa aveva visto una lumaca sulla bicicletta di Freud e col senno di poi gli sembrò quasi una profezia di ciò che avrebbe poi trovato: realizzò un disegno dello psicologo con la testa aperta in due, dalla quale usciva una lumaca avvolta su se stessa. Le forme curve lo affascinavano, voleva cogliere la tortuosità del pensiero freudiano e penetrare nei meandri della coscienza, vista come un cassetto da aprire per conoscersi sempre più a fondo.
Sia i cassetti che le lumache sono ampiamente presenti all’interno delle opere esposte, unitamente ad altri oggetti – simbolo: l’uovo, che simboleggia il prenatale e l’uterinico, la stampella, che rappresenta il sostegno e la forza della tradizione che sostiene i valori umani, le formiche che preludono, con la loro instancabile operosità, al desiderio di godere del presente ed all’irrefrenabile desiderio sessuale.
Il visitatore che entra nel mondo di Dalì si trova davanti “Donna in fiamme“, una statua di una figura femminile piena di cassetti e coperta dalle fiamme, è una rappresentazione del delicato inconscio femminile pieno di segreti da scoprire, ma anche capace di una ardente passione. C’è l’enorme e monumentale “Angelo Cubista“, asessuato e misterioso, vestito solo di larghe ali di bronzo, attira l’attenzione la statua equeste di “Lady Godiva con farfalle“, elemento che allude alla trasformazione, alla leggerezza ed alla bellezza della natura.
Dalì è però noto per i suoi Orologi molli, che forse sono la parte più nota della sua produzione artistica. Il tempo è fluido, liquido, si integra con lo spazio che lo circonda e la sua mollezza fa sì che l’orologio perda la sua primaria funzione, quella di indicare l’ora, ma ne acquista un’altra, simbolica e surrealista: il tempo non è qualcosa di assoluto ma è relativo, cambia a seconda della percezione personale.
La Mostra ha il pregio di far conoscere anche il Dalì desiner e arredatore. Infatti è esposto il “Divano – Labbra“, ispirato alla sensuale bocca della attrice Mae West, che diventa nelle sue mani un oggetto iconico, quasi un feticcio. Possedere il divano a forma di labbra è quasi come avere un pezzo dell’attrice. Gli oggetti di arredamento per Dalì possono anche essere opere d’arte che perdono il valore funzionale per assumerne uno simbolico: una sedia non necessariamente deve essere comoda e servire per sedersi, può assumere anche altri compiti. D’altronde, come si può pensare di racchiudere entro un limite specifico il concetto di opera d’arte? Era un interrogativo che si erano già posti i Secessionisti Viennesi con Gustav Klimt ed Ergon Schiele, arrivando alla conclusione che anche una posata può essere un oggetto d’arte
Chiudono la Mostra alcune litografie della Divina Commedia, un progetto ambizioso nato negli anni ’50, in occasione della ricorrenza dei 700 anni dalla nascita di Danta Alighieri. Dalì realizzò 100 acquerelli, uno per ogni Canto dell’opera dantesca ed ebbero così tanto successo che furono poi realizzate altrettante litografie.
La Mostra è un omaggio al genio versatile di Dalì, probabilmente una delle più belle che Napoli ha visto nell’ultimo anno.
Mostra “Spellbound, scenografia di un sogno“
Sarà visitabile dal 14 aprile al 30 settembre 2022. Biglietto intero: 14,00 euro Ridotto: 10,00 euro.