Tra scenari e monumenti una passeggiata a costo zero nella capitale partenopea
Il nostro viaggio tra le bellezze di Napoli parte da Mergellina, il salotto in riva al mare della città di Partenope, il borgo marinaro che dà sul golfo col Vesuvio a dominare la scena. Godiamo la scena dalle balaustre che danno direttamente sul mare, ai piedi della collina di Posillipo, il nostro sguardo sarà appagato e incantato dalla bellezza e dalla pacatezza del mare, dal golfo, dalla sinuosa forma di Capri che si staglia all’orizzonte…basta questo per descrivere ciò che Napoli piò offrire.
La nostra passeggiata prosegue seguendo il lungomare, che sarà la nostra guida per tutto l’itinerario, il mare che lega Napoli alla sua storia, che la rende celebre da secoli, che regala immagini e sensazioni uniche, attraversiamo tutto il borgo di Mergellina, un tempo borgo di pescatori ed oggi meta della movida serale napoletana. Ci avventuriamo nella napoletanità verace quella dei chioschi coi taralli caldi, dei ristorantini sul mare, il nostro occhio è rapito da ciò che viene dal mare, ci avviciniamo al porto di Mergellina, un tempo porticciolo per i pescatori ed oggi vero e propria porta turistica della città, di fronte si apre Piazza Sannazzaro.
Il mito di Partenope
Al centro della piazza, una fontana celebra il mito di Partenope. La celebre Fontana della Sirena, dona all’intero paesaggio un carattere di maestosità. Secondo la leggenda, la sirena Partenope innamorata di Ulisse, cercò di ammaliarlo col canto e di attrarlo verso il profondo del mare come è noto resistette facendosi legare all’albero della nave mentre costeggiava la baia. La giovane sirena si uccise e il suo corpo fu raccolto dalle correnti sullo scoglio di San Leonardo a Mergellina. Dal nome della sirena venne fondata Partenope, l’attuale Napoli.
La chiesa di Piedigrotta
Tagliamo in mezzo la piazza e seguendo la strada che si oppone al mare arriviamo davanti alla maestosa facciata di Santa Maria di Piedigrotta. Non è solo una chiesa ma è un simbolo della città, legata a doppia trama con la storia e la tradizione popolare dalla festa che si tiene a settembre. Radicata nella tradizione polare, la festa risale addirittura al 1487 e unisce i riti dedicati alla Vergine, riti pagani ereditati dai baccanali dell’epoca greca. L’accensione delle luminarie segna, tradizionalmente, l’inizio ufficiale dei festeggiamenti, tanto che era chiesto ai residenti di addobbare i balconi e di illuminarli sul far della sera.
La chiesa, invece, dedicata alla Natività di Maria, fu eretta a partire dal 1352 e terminata nel 1353, sul sito di una precedente chiesa dedicata all’Annunciazione alla Vergine Maria costruita nel V secolo, dove già si venerava un’immagine lignea della Vergine. L’attuale facciata, fu realizzata da Errico Alvino mescolando linee rinascimentali ad altre gotiche. Nel timpano c’è un bassorilievo che rappresenta la Madonna, a sinistra Re Alfonso d’Aragone in ginocchio, a destra Agostino d’Ippona, padre ispiratore dei Canonici Lateranensi e, in piedi, papa Niccolò V. L’interno a croce greca a navata unica è arricchita da cupole decorate da Eugenio Cisterna. Oltre alla chiesa, il complesso monastico è formato dal cenobio, dalla farmacia, dalla canonica, dal campanile e dal chiostro. Nella canonica vi è un ex voto di Edoardo Dalbono offerto dall’artista per la guarigione della moglie ed altre tele attribuite a Francesco Solimena, Mattia Preti e Salvator Rosa.
La Stazione di Mergellina
A breve distanza dalla Chiesa di Piedigrotta il nostro sguardo è attratto, dal bianco marmoreo della Stazione di Mergellina delle ferrovie dello Stato. L’esterno è caratterizzato dalla presenza di decorazioni a stucco, pilastri sporgenti e colonne; il pian terreno è decorato da un bugnato rustico. Due archi laterali, riccamente decorati, corrispondono ai due accessi della stazione, mentre quello centrale in alto ospita un orologio sorretto da angeli in stucco; di notevole pregio è anche la pensilina a sbalzo in ghisa. E’ la sala di rappresentanza della stazione Mergellina, che nel ‘900 ha offerto occasione di sosta e ristoro a ospiti e personaggi illustri in visita nella città di Napoli. Rinnovata nell’ambito dei lavori del 2007, conserva ancora oggi il mobilio originale – tavolo e sedie coordinate in legno massello – e uno splendido, colorato, lampadario in vetro di Murano. Si racconta che il lampadario, proveniente dalla Reggia di Caserta, sia stato donato alla Regina Margherita di Savoia durante uno dei suoi viaggi a Napoli.
La villa Comunale
Lasciamo definitivamente la zona di Piedigrotta e riguadagniamo la linea di costa, seguendo l’azzurro del mare che si apre di tra gli torici palazzi che circondano Piazza Sannazzaro. Seguiamo il lungomare Caracciolo fino all’imbocco della Villa Comunale di Napoli, risalente al 1697, una breve passeggiata tra palme, lecci, pini ed eucalipti costellati di copie neoclassiche di statue di epoca romana, nonché di gruppi scultorei e fontane di età tardo-rinascimentale. Le statue furono collocate intorno al XIX secolo in sostituzione di alcune delle opere farnesiane. Tra i monumenti architettonici custoditi nella villa spiccano il tempietto circolare di Torquato Tasso, il tempietto di Virgilio, la casina Pompeiana e la grande Cassa Armonica del 1877.
La stazione Zoologica Anton Dohrn
Menzione a parte merita la Stazione Zoologica Anton Dohrn voluta dal naturalista tedesco Anton Dohrn, che già da molti anni andava accarezzando l’idea di realizzare lungo le coste del Mediterraneo un Istituto per lo studio della fauna marina, ove poter sperimentare le nuovissime teorie darwiniane. Lo studioso era convinto che il suo progetto avrebbe potuto realizzarsi se accanto al centro di ricerca fosse stato costruito un Acquario, perché le entrate di quella che era considerata la più grande novità del secolo avrebbero coperto le spese per il mantenimento dei laboratori.
Castel dell’Ovo
Usciti dal polmone verde della villa comunale, seguendo il mare alla nostra destra ci ritroviamo sul Lungomare Partenope, un divano esposto sul golfo, passeggiamo nella zona completamente pedonale ammirando alla nostra sinistra gli torici alberghi che hanno fatto la grande la fama dell’ospitalità napoletana e giungiamo al Castel dell’Ovo, costruito sull’isolotto di Megaride, primo fulcro dell’antica Paleopolis. Dal Ramaglietto, attraverso un camminamento che fiancheggia il castello, si giunge all’arco naturale che in passato, aperto sul mare, identificava l’immagine dell’isolotto. L’ arco, crollato durante il regno di Giovanna D’Angiò, fu ricostruito in muratura. La sua ampiezza è oggi leggibile all’interno della Sala Italia. Dagli spalti del Castello e dalle sue terrazze si gode una vista incantevole del golfo, che offre al visitatore un panorama unico della città dove la nostra vista spazierà da destra a sinistra da Capri fino a Capo Posillipo con alle spalle il Monte Echia e la città adagiata sulle sponde del Tirreno.
Lasciamo il Castel dell’Ovo e facciamo indicare la strada dai torrioni del Castel Nuovo, meglio conosciuto come Maschio Angioino. Seguendo il lungomare incrociamo sul nostro cammino la splendida fontana del Gigante opera di Pietro Bernini e di Michelangelo Naccherino, che la realizzarono su commissione del duca d’Alba don Antonio Alvarez di Toledo articolata mediante tre archi a tutto sesto, sopra i quali sono collocati i grandi stemmi che simboleggiano la città, i viceré di Napoli ed anche il re di quel periodo storico. Nell’arco centrale vi è la tazza che è sorretta da due animali marini, mentre, le statue nei restanti due archi laterali, rappresentano divinità fluviali che stringono tra le mani due mostri del mare.
Il Borgo di Santa Lucia
Prima di arrivare al Maschio Angioino deviamo, alla fine del lungomare, su via Cesario Console che sale verso il borgo di Santa Lucia per terminare direttamente nell’ampiezza e nella maestosità di Piazza del Plebiscito delimitata alla nostra sinistra dal colonnato ad arco della Basilica di San Francesco di Paola e alla nostra destra dalla facciata di Palazzo Reale. La Basilica, commissionata a Pietro Bianchi nel 1817, fu completata nel 1846, nei modi più aggiornati del neoclassicismo il quale si sviluppò e vide i suoi massimi esponenti proprio in città e nel regno delle due Sicilie grazie a personalità del calibro di Luigi Vanvitelli. Il modello di riferimento della chiesa fu quello delle forme del Pantheon romano. All’interno è abbellita da statue e dipinti coevi, ad eccezione del seicentesco altare maggiore e da alcune tele prelevate da luoghi di culto pre-esistenti sul vecchio slargo. Isolate sulla piazza, di fronte alla Basilica, s’innalzano le statue equestri di Carlo III di Borbone e di suo figlio Ferdinando I. Le sculture furono commissionate per celebrare il ritorno della dinastia borbonica dopo la parentesi napoleonica. La prima è opera di Antonio Canova che eseguì il lavoro in un arco cronologico compreso fra il 1816 ed il 1822, anno della morte dell’artista. La seconda, non potendo essere eseguita per intero dallo scultore veneto a causa della sua morte, vede per quel che riguarda il cavallo l’effettiva attribuzione al Canova, mentre il re che lo cavalca fu scolpito dall’allievo Antonio Calì.
Palazzo Reale, la Galleria Umberto I e il Teatro San Carlo
Lasciamo la piazza dall’uscita posta nei pressi del palazzo della Prefettura e ci immettiamo nel traffico cittadino costeggiano il Palazzo Reale e i portici del Teatro di San Carlo, proprio qui di fronte si apre la Galleria Umberto I. L’ingresso principale, che si apre su via San Carlo, è costituito da una facciata ad esedra, che in basso presenta un porticato architravato, retto da colonne di travertino e due archi ciechi, l’uno d’accesso alla galleria, l’altro aperto sull’ambulacro. Seguono un ordine di finestre a serliana, separate da coppie di lesene dal capitello composito, ed un secondo piano con finestre a bifora e lesene simili alle precedenti. L’attico presenta coppie di finestre quadrate e lesene dal capitello tuscanico, quest’ultime tra le finestre sono scanalate. L’interno della galleria è costituito da due strade che si incrociano ortogonalmente, coperte da una struttura in ferro e vetro. Le delimitano alcuni palazzi, quattro dei quali con accesso dall’ottagono centrale. Le loro facciate rispecchiano quella principale, infatti l’ordine inferiore è diviso da grandi lesene lisce, dipinte a finto marmo che inquadrano gli ingressi dei negozi e dei soprastanti mezzanini. Seguono al primo piano le serliane, al secondo le bifore, nell’attico le finestre quadrate.
Il Maschio Angioino
Usciti dalla galleria dall’uscita sud ci ritroviamo di fronte il Maschio Angioino, con le sue possenti mura, i cinque torrioni ed il fossato che lo circonda. La sua costruzione si deve all’iniziativa di Carlo I d’Angiò, che nel 1266, sconfitti gli Svevi, salì al trono di Sicilia e stabilì il trasferimento della capitale da Palermo alla città partenopea. Difeso da cinque grandi torri cilindriche, quattro rivestite di piperno e una in tufo, e coronate da merli su beccatelli. Le tre torri sul lato rivolto verso terra, dove si trova l’ingresso, sono le torri “di San Giorgio”, “di Mezzo” e ” di Guardia” mentre le due sul lato rivolto verso il mare prendono il nome di torre “dell’Oro” e di torre “di Beverello” . Il castello è circondato da un fossato e le torri si elevano su grandi basamenti a scarpata, nei quali la tessitura dei blocchi in pietra assume disegni complessi, richiamando esempi catalani.’
Il maniero si apre in piazza Municipio dove i lavori per la costruzione della stazione metropolitana hanno portato alla luce resti delle mura antecedenti alle attuali, edifici e monumenti di epoca greco-romana e addirittura due imbarcazioni da pesca risalenti al periodo medioevale. Uno scrigno di tesori che presto diventeranno usufruibili a tutti ma che attualmente sono ben visibili seguendo il percorso tracciato dalle mura del castello fino a scendere giù al mare ed alla stazione marittima.
Questi sono solo alcune delle innumerevoli bellezze che possiamo ammirare a Napoli gratuitamente, un itinerario non impegnativo ma indubbiamente affascinante cosi come lo è tutta la città partenopea.