La storia del palazzo irpino, dalla nascita alla consacrazione tra i centri più importanti della Campania
Immerso nella natura incontaminata del Monte Partenio sorge il Palazzo Abbaziale di Loreto, la cui origine risale al XII secolo quando il pellegrino Guglielmo da Vercelli vi si fermò per dar vita all’ordine della Congregazione Verginiana.
Era precisamente il 1126 quando il pellegrino decise di stabilirsi sul Monte Partenio per dedicarsi alla vita mistica e di adorazione della Madonna. Ben presto fu raggiunto da molti giovani che, come lui, aspiravano allo stesso stile di vita e costruirono l’abbazia di Montevergine, a quota 1270 metri, che in pochi anni diventò un punto di riferimento per tutta la zona ed in cui si venera la Madonna nera. Il clima rigido di Montevergine e le severe regole alimentari (che impedivano di mangiare uova, carne e formaggi) misero a dura prova la resistenza dei monaci. Per questo motivo in seguito si decise di costruire una casa più a valle, nella parte bassa di Mercogliano.
Il palazzo sorge sulla strada che conduce a Mercogliano, l’attuale via abate Ramiro Marcone. Solamente nel 1733, in seguito ad un terremoto, si decise di rimettere a nuovo la struttura, i cui lavori furono affidati all’architetto Domenico Antonio Vaccaro. Oltre 4 mila metri quadri di superficie con giardini immensi che rispecchiano la semplicità e la meticolosità della vita monastica. Le sue decorazioni nascono dalla lavorazione del tufo, dai pieni e vuoti delle mura perfettamente in equilibrio, e dall’imponente corpo centrale. Per lungo tempo residenza invernale dell’abate di Montevergine, il palazzo fu usato come ricovero dei profughi di Caporetto durante la Prima Guerra Mondiale e come ricovero degli sfollati durante il secondo conflitto mondiale.
Abitato ancora oggi dai monaci verginiani, custodisce al suo interno autentici tesori: l’archivio diocesano, le decorazioni dei saloni settecenteschi ad opera dei fratelli Conforto di Galvanico, gli arazzi fiamminghi ed oltre 300 vasi in maiolica, del XVIII secolo e decorati a mano, ognuno dei quali con lo stemma dell’abbazia. A completare l’elenco c’è la biblioteca con la sezione archivista del santuario di Montevergine, ivi trasferita dal 1750 ed arricchita con 7 mila pergamene ed altri 100 mila documenti imperiali e vescovili: un complesso da oltre 150 mila volumi.
Proprio la biblioteca, oltre alla farmacia ed il chiostro sono gli spazi visitabili dell’abbazia, ogni giorno dalle ore 9 alle ore 12 mentre il salone è concesso al pubblico solamente in rare occasioni. La maggioranza dei volumi è di carattere religioso, ma non mancano documenti storici, soprattutto del luogo, di architettura, di letteratura italiana e straniera, di narrativa. Da prendere e leggere tutti d’un fiato nella saletta attigua. Sorta come strumento di sussidio e di supporto all’attività di studio dei moncai, la Biblioteca è oggi uno dei centri di cultura più importanti dell’intero Mezzogiorno e, al tempo stesso, una finestra sulla vita della famiglia dei monaci verginiani di Montevergine.