Storia di uno dei prodotti tipici della Campania: la sua lavorazione ed il perfetto abbinamento
La Bagnolese, razza ovina autoctona campana, prende il nome dal paese di Bagnoli Irpino, in provincia di Avellino: uno dei centri più importanti di allevamento. Questo animale, dai tratti somatici simili alla barbaresca, spesso allevato in condizioni ambientali difficili, fornisce produzioni rilevanti sia di latte che di carne.
La popolazione zootecnica attuale conta circa 5000 soggetti in purezza e si distribuisce principalmente tra i Monti Picentini, gli Alburni, la Piana del Sele e l’alto Beneventano. Viene allevata per la carne e per il latte, quest’ultimo utilizzato per la realizzazione del Pecorino Bagnolese, formaggio grasso, di lunga stagionatura a pasta dura, che necessita, per la lavorazione, di due elementi fondamentali, l’utilizzo di tecniche antiche e la bravura manuale del casaro, che spesso è il pastore stesso. Ha forma cilindrica o cilindro-conica a facce piane del diametro di 12-20 cm, con scalzo diritto o leggermente convesso, il peso varia da 1,5 a 2 kg.
Il suo nome dialettale è “casu’r pecora”. Il processo di lavorazione avviene in più fasi, dopo la raccolta il latte crudo viene riscaldato alla temperatura di 37- 40° e addizionato con caglio di agnello. La cagliata, presamica, subisce una rottura alle dimensioni di una nocciola. Dopo aver tolto il siero dalla caldaia, la pasta viene estratta e posta nelle fuscelle di vimini per spurgare, la salatura avviene a secco. Caratteristiche di questo pecorino sono: la crosta dura segnata dalle rigature delle fuscelle di vimini, di colore paglierino o marrone, in funzione della stagionatura, pasta compatta, dura, secca, di colore paglierino scarico, occhiatura fitta, di forma irregolare. Il pecorino ottenuto può essere consumato dopo qualche giorno, preparandolo a fettine o arrostito, dopo 2-3 mesi di stagionatura accompagnato da frutta o miele, oppure ancora dopo 5-6 mesi, quando diventa molto piccante, utilizzandolo come formaggio da grattugia. Ovviamente per la stagionatura, oltre a quella tradizionale, in cantina si adottano molti altri metodi: in fieno, paglia, crusca, vinaccia, che conferiscono al prodotto profumi e sapori particolari. La genuinità del prodotto è garantita dalla quasi esclusiva alimentazione naturale al pascolo e dalle piccole dimensioni degli allevamenti, a gestione familiare e lontani dai grandi insediamenti urbani. Da alcuni anni è nata una cooperativa al fine di tutelare questa razza dalle eccellenti caratteristiche, di continuare la tradizione produttiva di tante famiglie di Bagnoli Irpino e di razionalizzare la produzione e la vendita dei prodotti. Attualmente la cooperativa coinvolge sei pastori, un laboratorio e un punto vendita al centro del paese. Il pecorino Bagnolese è riconosciuto dal Ministero delle politiche agricole quale prodotto agroalimentare tradizionale italiano (PAT).
Ovviamente la degustazione di questa eccellenze raggiunge il culmine del piacere se abbinato ad un rosso intenso. Restiamo nell’ avellinese, colore rosso rubino intenso, profumo fruttato, con netti sentori di frutti rossi di bosco ed un lungo finale aromatico di pepe nero e peperone verde, la maturazione in barriques di rovere francese per un periodo di 4-6 mesi a seconda dell’annata, stiamo parlando di Taurì, AGLIANICO DELL’IRPINIA D.O.C., cantine Antonio Caggiano, tra le più belle e spettacolari cantine della Campania, nata, nel 1990, un po’ per gioco un po’ per scommessa da un’idea di Antonio Caggiano, per ritrovare profumi e sapori svaniti nella realtà del vino di Taurasi. Un vero viaggio attraverso sapori, profumi e colori.