Una visita in compagnia dell’Associazione Astrea Gesualdo fra i tesori del borgo irpino
L’itinerario di visita nel paese di Gesualdo, in provincia di Avellino, inizia in Piazza Neviera particolarmente importante dal punto di vista culturale e segnata da tre strutture architettoniche fondamentali per la storia del luogo. Il Castello seicentesco è stato voluto da Carlo Gesualdo che ha modificato l’iniziale struttura militare rendendola un palazzo signorile. All’interno ha installato una stamperia per i madrigali e una sala per il teatro dove ospitava personaggi illustri, tra cui primo tra tutti Torquato Tasso.
La piazza si chiama così per il silos in pietra che attualmente ospita un bar ma che serviva per stipare prodotti alimentari tra cui soprattutto carne. La neviera ha una profondità di circa 6 metri in cui attraverso strati di neve e paglia si conservavano gli alimenti nel tempo. Fu fatta costruire da Nicolò Ludovisi che sposò la nipote di Carlo Gesualdo diventandone l’unico erede e continuando la costruzione di chiese e promuovendo ampliamenti urbanistici, fece anche arrivare maestranze da Cava de’ Tirreni che si occuparono di sistemi idraulici e pitture.
Altra struttura è la Chiesa dell’Arciconfraternita del SS. Rosario in cui è conservata la statua di S. Vincenzo Ferreri a cui è legata una interessantissima tradizione che si ripete ormai da più di 150 anni, il Volo dell’Angelo.
Si prosegue su via Cittadella, la strada sorta intorno al primo nucleo di case sviluppate nei pressi della torre longobarda dopo il 650 d.C. La torre longobarda si trovava al confine tra il ducato longobardo di Benevento e il principato bizantino di Salerno per cui serviva come torre di avvistamento insieme ad una serie di altre torri che arrivavano fino alla Puglia ed oltre. Un arco segna l’ingresso alla Cittadella ed è una delle testimonianze più antiche del nucleo costituito da Palazzo Mattioli e Palazzo Pisapia che ora sono un unico complesso.
Palazzo Mattioli era costituito da piccole abitazione successivamente unite mentre Palazzo Pisapia nacque come sede dell’importante famiglia da cui prese il nome.
La torre circolare è probabilmente l’originaria torre longobarda di avvistamento verso sud ovest.
Ecco la storia: quando Costante decide di attaccare Benevento per conquistarla si imbatté in un tale Gis capitano delle milizie che si mise in difesa della città di Benevento rallentando l’avanzata bizantina e permettendo al Duca Romualdo di far arrivare l’esercito regale da Pavia. Fecero in tempo a salvare Benevento ma Gis e i suoi uomini furono uccisi. Romualdo donò, per riconoscerne il merito alla famiglia, la torre e il bosco, da qui Bosco di Gis da cui in longobardo Gisvald, latinizzato in Sessualdo-Gesualdo.
Quando nell’XI secolo i Normanni conquistarono il meridione fu fatto un ordinamento con cui i signori dovevano prendere il nome dal luogo su cui dominavano, per cui la famiglia dominante prese nome di Gesualdo, di cui Carlo fu il più esimio rappresentante (muore nel 1613).
Il Palazzo Pisapia nasce come palazzo signorile nel 1600, poi rimaneggiato nel 1838. La famiglia amministrava economicamente Gesualdo ed erano diventati particolarmente ricchi soprattutto grazie alla lavorazione della pietra e dell’onice (attualmente esaurita). Nel piano superiore la struttura viene usata come spazio culturale per convegni, presentazioni etc. Balzano all’occhio le pitture con soggetti legati alla navigazione del 1700, probabilmente collegati alle maestranze di Cava de’ Tirreni chiamate da Nicolò Ludovisi. Le pitture visibili sono state ritrovati sotto l’intonaco dopo il restauro del 2009.
Le ricchezze dei Pisapia erano legate anche alla terra, tutt’oggi i gesualdini sono conosciuti come ‘menestrari’, una su tutte la bontà del sedano noto come “sedano di Carlo Gesualdo” molto nutriente per le sue proprietà organolettiche e nutritive superiori al sedano comune.
Palazzo Mattioli nasce dall’unione di ambienti più piccoli, familiari. Restano caminetti, mensole deposito, fornaci del ‘900, le cantine nei piani inferiori che nascevano come piccole abitazioni poi riutilizzate come cantine, stive etc.; le pareti di roccia da cui veniva estratto il materiale da costruzione, scuderie.
Si continua in Piazza Belvedere rivestita di breccia irpina dove c’è la fontana voluta da Carlo Gesualdo nel 1608 in onice (oggi coperta da calcare che non permette di vedere le venature gialle e rosa). Altra struttura importante è il Cappellone con un vano unico, composto da struttura cubica alla base sormontata da cilindro e cupola a semisfera con lanternino superiore. Negli anni è stata usata come Cappella del Corpus Domini poi tribunale agrario gestito dalla famiglia Pisapia per le eccedenze agroalimentari usate in casi di carestie e ridistribuite. La scalinata e la facciata è dell’800 mentre il resto della costruzione è precedente. Attualmente è usata come cappella della musica.
Procedendo in salita si incontra la Fontana dei Putti in pietra locale voluta da Carlo Gesualdo, originariamente era poggiata all’ex convento dei Padri Celestini (attuale Municipio) con un arco che faceva da ingresso al centro storico mentre la vasca serviva per abbeverare i cavalli. Quando la strada è diventata carrabile la fontana è stata murata dove attualmente si trova.
La costruzione della Chiesa di Santa Maria delle Grazie con annesso convento dei Padri Cappuccini fu iniziata nel 1592 da Carlo Gesualdo e poi continuata da Niccolò Ludovisi. La facciata è semplice e austera come prevedeva l’ordine francescano dei padri cappuccini. Sulla facciata si vede lo stemma della famiglia Gesualdo e della famiglia d’Este. Nel 1909 ospitò Padre Pio per terminare gli studi ma a causa di problemi fisici si spostò a San Giovanni Rotondo. Ancora si conserva la cella dove soggiornò e le numerose reliquie, un guanto, tuniche, il vangelo e i libri per la messa e con il permesso dei monaci si possono visitare.
La chiesa conserva la tela del Balducci del 1609 voluta da Carlo Gesualdo.
Descrizione: Pala d’altare con Carlo Gesualdo in ginocchio e sua moglie Eleonora D’Este, il figlio Alfonsino assunto in cielo perché morto in tenera età. San Francesco d’Assisi e san Domenico e al centro Santa Caterina e la Maddalena, in alto il Cristo benedicente con a destra la Madonna e San Michele Arcangelo. I Santi guardano il Signore e indicano Carlo Gesualdo che deve essere perdonato mentre la Maddalena è l’unica che guarda Gesualdo indicando la via verso il perdono. La tela simboleggia il pentimento dell’assassinio compiuto da Gesualdo della sua prima moglie Maria d’Avalos e del suo amante Fabrizio Carafa avvenuto a Napoli.
Dopo questo accadimento Carlo si rifugia a Gesualdo dove inizia a comporre madrigali sacri e ingrandire la città e il castello. La sua seconda moglie Eleonora d’Este portò ricchezze e cultura a Gesualdo accogliendo la corte estense di Ferrara a Gesualdo, tra cui in particolare si ricorda Torquato Tasso.