
A pochi passi dal centro cittadino un percorso di visita tra storia e natura
È lunga poco più di 2 km, con accesso dal centro cittadino, nelle vicinanze di altri luoghi di notevole interesse culturale e turistico, la Valle dei Mulini di Gragnano, vero e proprio parco naturalistico del territorio dove tra archeologia industriale e natura si dispiega uno dei paesaggi più caratteristici della provincia di Napoli.
La valle prende il nome dai mulini che sin dal XIII secolo svolgevano attività molitoria in quel luogo naturale continuazione della Valle dei Mulini e delle Ferriere di Amalfi, che si trova nel versante meridionale una volta valicato il monte Cervigliano che domina la valle gragnanese.
Proprio il contatto geografico, da cui è scaturito quello commerciale, tra Amalfi e Gragnano, luogo di transito per chi da Pompei e Castellammare voleva raggiungere il versante amalfitano via terra, deve essere stato all’origine dell’attività molitoria nella zona, a cui ben presto si unì la produzione di tessuti tra cui grande importanza ebbero le sete, molto rinomate. La via di collegamento fondamentale conduceva al mare da cui arrivava il grano e da cui partiva il prodotto finito, e permise ai quasi trenta mulini costruiti nella valle di soddisfare il fabbisogno dei panettieri di Napoli e dei paesi limitrofi.
È il torrente Vernotico, privo di acqua nei periodi di assenza di pioggia, alimentato dalla sorgente della Forma, la fonte per i vari mulini sparsi nella valle. Un vero e proprio sito di archeologia industriale che mostra le attività produttive svolte dal medioevo fino allo scorso secolo.
Meta dei viaggiatori del Grand Tour che ne hanno ripreso i verdi scorci immortalati nelle tele con i coltivatori di vino intenti a raccogliere uve su lunghe scale nelle terre coltivate a terrazzamento, la valle era abitata già in epoca paleolitica, mentre ad un’epoca compresa tra i 180 milioni e i 65 milioni di anni fa risalgono alcuni fossili, oggi visibili nella Biblioteca Comunale.
Risale alla metà del XIII secolo la concessione di alcuni feudatari per azionare le macine nel “flumine Graniani” sfruttando l’acqua del Vernotico. I mulini giunsero ad essere circa 28 di cui oggi ne restano 11, alcuni ridotti a stato di rudere.
Il primo che si incontra dopo il Macello comunale che ha riutilizzato a sua volta un mulino pubblico è il mulino La Pergola, tra i più interessanti e più grandi, arrivando fino nel torrente Vernotico. Superiormente aveva la terrazza dove si lavavano i grani e dove c’era l’imbuto che alimentava la condotta del mulino.
Il funzionamento. Costruiti in tufo o in pietra, con cupola a botte e due ali laterali per raccogliere le acque piovane da riutilizzare per gli animali, erano alimentati dalla forza motrice dall’acqua accumulata nelle torri laterali. Queste torri avevano un ugello trapezoidale che faceva uscire l’acqua a forte velocità e pressione investendo così le pale di una ruota orizzontale che iniziava a girare, a sua volta il palo di castagno posto al centro imprimeva la forza alle due macine superiori, di cui quella mobile realizzava la macinazione vera e propria. Una tramoggia permetteva di alimentare continuamente l’afflusso dei cereali, alcune leve permettevano di regolare la distanza tra la macina fissa e quella mobile a seconda del tipo di cereale da macinare.
Proseguendo si incontra il mulino del Monaco che ha per la città un’importanza storica notevole. Nel Catasto Onciario del 1756 nel censire il mestiere dell’affittuario del mulino (di proprietà del monastero di San Nicola dei Miri) Antonio di Nola, si notifica la professione del fratello di Antonio, Pascale che era maccaronaro, per cui si nota come da una costola dell’attività molitoria si stacca poi l’attività artigianale legata alla produzione della pasta. All’esterno una spianata permetteva che si asciugasse la pasta realizzata con la farina del mulino.
Proseguendo si arriva al mulino in località Forma.
Fu poi a causa della tassa sul macinato imposta nel 1869 che ci fu un rallentamento nell’attività molitoria gragnanese, fino alla completa estinzione nei primi del Novecento con l’avvento dell’industria della pasta derivata dalla profonda conoscenza dei vari tipi di grano. L’impasto con l’acqua della sorgente della Forma ne ha fatto un alimento semplice che è ancora oggi un’eccellenza.