Da inno contro la guerra a coro da stadio: “O surdato ‘nnammurato”

La storia di una delle canzoni napoletane più conosciute

Scritta di impulso in una notte d’agosto più di 100 anni fa, oggi il suo ritornello accompagna ancora tantissime feste o viene intonato allo stadio dai tifosi del Napoli, eppure durante i due conflitti mondiali era pericolosa per chi la cantava. Si poteva addirittura finire davanti ad un plotone di esecuzione.

Stiamo parlando di una delle canzoni napoletane più celebri della storia, divenuta ormai patrimonio mondiale, ovvero “O surdato ‘nnammurato”. Quella che inizialmente era una poesia, venne scritta di getto da Aniello Califano, rampollo di una ricca famiglia di Sant’Egidio del Monte Albino e nato a Sorrento nel gennaio del 1870, e poi musicata dal napoletano Enrico Cannio.

Califano, un po’ scapigliato e di carattere esplosivo, amava le donne e la poesia. Trasferitosi a Napoli per studiare, inizia a comporre versi per canzoni e diventa un autentico latin lover di altri tempi. Califano vive la Napoli del primo conflitto mondiale, in strada e nelle famiglie si piangono mariti, figli e fidanzati al fronte, eppure la propaganda e sui giornali si legge solo di vittorie e di avanzate. Gli spettacoli nei caffè chantant sono pieni di retorica patriottica, fatti di lustrini, divise e bandiere tricolori. Ballerine col cappello da bersagliere.

La poesia viene portata all’editore Gennarelli che leggendo i versi si commuove. Vuole musicarli per trasformare quelle frasi in una canzone. E’ così che viene scelto Enrico Cannio, che compone una marcetta insistente ma allo stesso tempo malinconica. Il successo è enorme. Però viene osteggiato dalla propaganda militarista. Il motivo? “E’ una canzone disfattista”, così venne bollata dai fascisti nel corso del ventennio.

Quello che veniva imputato al testo della canzone era il desiderio di tornare a casa. Perché la canzone parla di un soldato innamorato, appunto, che sogna la sua amata e le giura amore eterno. E’ questa semplicità che diede grande forza alla canzone e che impaurì i vertici dello Stato maggiore. Per loro era l’inno di chi voleva tornare a casa, lasciare il fronte, la guerra. In pratica disertare.

Il successo straordinario di questa canzone sta anche nella capacità di unire i soldati al fronte, in un periodo, quello della prima guerra mondiale, dove si parlava solo in dialetto, “O surdato ‘nnammurato” veniva cantato al fronte da soldati veneti, lombardi e toscani. Gli alti comandi dopo qualche mese si arresero alla canzone che dilagava fra le truppe a metà del 1916.

Cantata a squarciagola o a bassa voce e con melodia più lenta “O surdato ‘nnammurato” ha trovato la sua popolarità anche nel mondo del cinema. Di sicuro una delle interpretazioni più commoventi è quella di Anna Magnani nel film “La Sciantosa” di Alfredo Giannetti datato 1971. Tra gli interpreti contemporanei di questa canzone sono da segnalare Massimo Ranieri, che tra l’altro era il coprotagonista del film con la Magnani nella parte del soldatino e che successivamente ha dato una sua personale interpretazione di questa canzone che di fatto può essere considerata come l’interpretazione ufficiale.

Ma vanno ricordati anche Marco Armani, che l’ha interpretata sul palco del Festival di Napoli nel 1994, Enzo Jannacci, che ha inciso la canzone all’interno dell’album Discogreve, e Roberto Vecchioni, che l’ha interpretata sul palco del Festival di Sanremo 2011. Il brano è inoltre riconosciuto da gran parte della tifoseria del Napoli come inno storico della squadra di calcio.

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