
Ogni giorno un articolo a tema per scoprire usi, costumi e tradizioni della festa più attesa dell’anno
Storie, tradizioni, leggende, personaggi e tanto tanto altro ancora per celebrare insieme il countdown che ci separa dal Natale 2020. Sarà senz’altro un mese di dicembre diverso da tutti gli altri, le restrizioni dettate dalla pandemia da covid19 stanno modificando e non poco le nostre abitudini e tradizioni. In questo tempo confuso, la redazione di ecampania.it cercherà di farvi compagnia.
Ogni giorno alle ore 9.00 sulla nostra pagina Facebook, sul nostro profilo Instagram ed in questo articolo pubblicheremo una foto collegata ad uno dei nostri articoli per scoprire insieme curiosità, aneddoti, personaggi, figure storiche, santi, tradizioni, ricette che ci accompagneranno fino al giorno di Natale.
Ogni giorno, insieme a voi, apriremo simbolicamente la finestra sul Natale 2020 made in Campania.
Siete pronti a partire con noi?

Iniziamo il nostro viaggio ascoltando in lontananza il suono delle melodie degli zampognari. “Personaggi fissi” all’interno del presepe napoletano. Collocati quasi sempre in prossimità della grotta, con il loro abbigliamento da pastori e il suono della zampogna, ricordano, a tutti i credenti, il vero senso di questo periodo dell’anno: celebrare, con umiltà e genuinità, la nascita del Salvatore.

Il Natale è (anche) gioco. Le serate di festa trascorrono in casa, tra castagne, dolci, cartelle e cartelloni. I pranzi interminabili che diventano cene passando su un ponte di carte napoletane, saltellando sulle caselle di un tabellone dove cantano i terni e brillano gli spiccioli. Ma perché si può tirar tardi, a dicembre, giocando a tombola? Molto probabilmente è una tradizione che ci arriva da uno dei culti più antichi della romanità, quello dei Saturnalia.

Il Natale ha il profumo e il sapore dei dolci. Tra i numerosi dolci legati alla tradizione natalizia in Campania, nello specifico in Cilento, ci sono le “pastorelle” di Cuccaro Vetere, un borgo arroccato sulla sommità di una bassa collina. Ingrediente principale è la castagna. Se volete sapere come prepararle consultate la nostra ricetta.

“Comme Barbarea accussì Natalea” è un antico detto popolare napoletano che, letteralmente significa: “le condizioni meteorologiche del giorno di Santa Barbara, il 4 dicembre, saranno le stesse del giorno di Natale”.
Ma chi era Santa Barbara? Il suo culto era molto radicato nella Napoli Borbonica e lo stesso Re Ferdinando ne era devoto. A Napoli esistono due luoghi a lei dedicati: una chiesetta e delle scale.

Napoli e il presepe costituiscono un binomio imprescindibile, non si può conoscere davvero Napoli senza una passeggiata tra le botteghe di San Gregorio Armeno, tra quelle statuine e le casette di legno e sughero che illuminano e avvolgono il Santo Natale. Tra tutti i presepi di Napoli ce n’è uno particolarmente completo e tra i più noti al mondo: il presepe Cuciniello conservato al Museo Nazionale di San Martino.

Dicembre è da sempre un mese foriero di eventi che rimandano agli antichi riti pagani del solstizio d’inverno, volti a propiziare il ritorno della luce e delle giornate più lunghe, che la Chiesa, nel tempo, ha “cristianizzato” e fatto coincidere con le feste religiose.
Così, come nel caso delle celebrazioni legate a Sant’Andrea, anche per la ricorrenza di San Nicola, che cade il 6 dicembre, in diversi luoghi della Campania si accendono dei falò per far sì che il Santo porti prosperità e benessere a tutta la comunità.

La festa dell’Immacolata Concezione a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, è una festa molto sentita dagli abitanti della Città delle Acque, un vera e propria tradizione, che si tramanda di generazione in generazione, e che si lega indissolubilmente al rito del falò, ò fucaracchio in dialetto.

L’8 dicembre giorno dell’Immacolata rappresenta l’occasione per raccontarvi dell’antico legame che c’è tra il culto della Vergine e la città di Torre del Greco. Un culto che affonda le sue radici nel ‘500 e che la popolazione rinnova ogni anno portando la Vergine su un carro trionfante.

Cosa sarebbe il pranzo di Natale senza il profumo e il sapore delle arance e dei mandarini sulla tavola a fine pasto? Ve lo raccontiamo in questo articolo.

Lo sapevate che il mese di dicembre nell’antica Pompei era caratterizzato da un ciclo di festività e celebrazioni? Stando alle ricerche effettuate da affermati archeologi e noti studiosi, anche se il Cristianesimo non si era diffuso nell’area vesuviana, non si esclude l’esistenza di un collegamento tra la rievocazione della Nascita di Cristo e un ciclo di festività tipiche del paganesimo in epoca romana.

Anche Benevento, città delle streghe, in questo periodo indossa il vestito delle feste natalizie. Tra tradizione e modernità, il territorio beneventano offre numerosi spunti dal punto di vista enogastronomico, tra cui una serie di piatti tradizionali che non possono mancare sulle tavole natalizie, come il cardo in brodo o cardone beneventano.

Il presepe, per il popolo partenopeo, non è solo un simbolo religioso: è, soprattutto, una tradizione, un’espressione artistica che le famiglie, anche non credenti, perpetuano puntualmente in occasione del Natale. L’espressione massima della sua magia avviene nei vicoli stretti di San Gregorio Armeno.

Il 13 dicembre la chiesa celebra Santa Lucia e a Baiano, in provincia di Avellino, iniziano ufficialmente i festeggiamenti del Natale che avranno il loro momento clou nel giorno di Santo Stefano quando si terrà la Festa del Maio, una tradizione popolare e contadina legata all’albero tagliato e “sacrificato” davanti alla Chiesa Madre.
“A Santa Lucia nu’ passe ‘e gallina…”, così recita la prima parte di un’antica massima popolare campana, e al nome di Lucia (non certo la santa di origini siciliane) è legato il culto nei confronti di una sfortunata sposa protettrice degli innamorati, una delle tante “anime pezzentelle” che si trovano nel sottosuolo della chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco nel centro storico di Napoli.

Ogni 14 dicembre, giorno che il calendario cattolico dedica a Sant’Aniello Abate, nella città di Sant’Agnello, in provincia di Napoli, si rinnova la tradizione del pellegrinaggio delle future mamme col pancione.

A Napoli il Natale profuma di roccocò. Un dolce della tradizione partenopea croccante e speziato che emana un odore inconfondibile. Sono dolcetti prodotti con farina, zucchero, mandorle e pisto, ovvero un insieme di spezie varie, in particolare la cannella. È un biscotto di colore scuro, dalla forma tondeggiante, quasi barocca, simile ad una ciambella schiacciata di circa 10 cm. Qui trovate la nostra ricetta.

Delle tre date dell’anno in cui si ripete il prodigio della liquefazione del sangue di San Gennaro, quella del 16 dicembre è forse la meno nota, ma allo stesso tempo è quella maggiormente legata ad una storia di salvezza della città di Napoli.
Il 16 dicembre si celebra il “miracolo laico”, nel ricordo di quella devozione che il popolo di Napoli fa al suo Santo per difendersi dalla furia del Vesuvio che nel 1631 minacciava di raggiungere la città. Anche in questa data, al pari del 19 settembre e della prima domenica di maggio, avviene la liquefazione del sangue del Santo.

Sciosciole, sciocele o, come dir si voglia, scioccelle: non c’è napoletano che solo a sentire queste parole non corra subito con la mente alle festività natalizie.
Che sia a chiusura del cenone di magra della Vigilia o di quello di carni del Natale, accanto ai mandarini e al “melone di pane” arriva la frutta secca: noci, mandorle, nocciole, arachidi e per estensione fichi secchi, uva passita, datteri, pinoli.

Gli scauratielli rappresentano, in assoluto, il dolce italiano più legato al Santo Natale.
Si tratta, in realtà, di un dolce tradizionale del Cilento che rappresenta, in sintesi, tutta la storia di questa antica terra: la sua origine, infatti, risale al periodo della “Magna Grecia”, precisamente tra il VII e il VI secolo a.C., quando in quei luoghi si stabilirono i coloni Greci che fondarono Posidonia, divenuta poi Paestum in epoca romana.

Un implicito riferimento al vischio si trova anche in Virgilio, precisamente nel sesto libro dell’Eneide, ambientato in prossimità del Lago d’Averno, un luogo che non è solo un topos letterario voluto dal grande poeta mantovano, ma che esiste realmente da più di quattromila anni all’interno di un cratere vulcanico spento, situato nel comune di Pozzuoli, tra la frazione di Lucrino e Cuma.

Il panariello era compulsato dalla mano degli dei che s’esprimeva in quella del femminiello che, a sua volta, utilizzando il codice della Smorfia, leggeva e tesseva storie dai numeri che uscivano.

Non c’è pranzo di Natale, in Campania, che non abbia, tra le numerose pietanze, la minestra maritata che, da sola, potrebbe bastare a saziare lo stomaco e lo spirito dei commensali essendo allo stesso tempo una pietanza ed un rito. (Clicca qui per la nostra ricetta).

Una tavola per Natale da apparecchiare. I tempi che affrontiamo certo, non sono dei migliori, in molti avranno la mente affollata di pensieri. Eppure un gesto d’amore, può fare la differenza. Quanti commensali quest’anno siederanno alle nostre tavole, quanti ospiti possiamo accogliere nelle nostre case?
In barba a qualsiasi dpcm in vigore, il Natale va festeggiato e le tradizioni rispettate. Poco conta alla fine il “numero”, infondo è questo l’insegnamento più importante del #2020: l’essenziale non deve mai mancare, teniamocelo stretto.
Abbiamo messo a punto, una mise en place che abbraccia e sfida le migliori tradizioni partenopee. Ecco il nostro tutorial:

I nostri consigli per stilare il menù della Vigilia. Dall’antipasto ai dolci tanti spunti interessanti da portare in tavola… (clicca qui per leggere l’articolo completo)
Se cercate consigli per il menù di Natale, invece, vi consigliamo di dare uno sguardo al nostro articoli: Il Menù di Natale con ècampania.

Ecco la nostra guida che vi permetterà di scegliere l’etichetta giusta per la tavola delle feste: clicca qui per leggere l’articolo completo.
Ed ora non ci resta che augurarvi Buon Natale!