
Da vittime a carnefici, delicate come una piuma, pungenti come una punta di freccia
L’universo femminile è così complesso: quante volte lo diciamo a noi stesse, quante volte ci viene ricordato dagli altri, con estrema puntualità. Piergiorgio Pulixi scava bene dentro il nostro animo, la sua penna riesce ad essere gentile anche quando tratteggia e racconta storie crudeli, che rasentano la follia umana.
Storie di donne che dinanzi alla bruttezza, alla cattiveria e alla codardia, hanno perso il senno e la lucidità, quelle stesse peculiarità che a volte ci contraddistinguono. Vittime, un attimo dopo carnefici. È possibile empatizzare con queste donne? Possibile, sì. Perché portatrici di quelle contraddizioni tipiche dell’animo femminile: estreme nei sentimenti di amore e odio.
Lo sappiamo bene e lo sa bene anche il commissario Carla Rame, presenza costante in molte di queste storie. Carla è gentile, umana nei riguardi delle donne che interroga, restituisce loro, tra le quattro mura di un commissariato, fiato, parole e dignità. Le protagoniste di Pulixi sono Veneri vendute, tradite, umiliate, sbeffeggiate. Veneri dai capelli biondi, come quella disegnata in copertina, le mani sanguinanti e poco amor proprio.
Il primo racconto ti straccia l’anima, impregnato di dolore, tenerezza e spuma di mare. L’ultimo si apre – offrendo anche la giusta chiusura del libro, con queste parole: “Sono una donna. Ed è inutile prendersi in giro. Noi amiamo in modo diverso. In una maniera totale. Come se fosse sempre la prima volta. Ci perdiamo nell’amore. Ci lasciamo accecare volontariamente senza compromessi. Ci crediamo. Sempre. Profondamente“.
La donna della copertina è rappresentata di spalle, ha tra le mani ha una sorta di freccia indiana, caratterizzata ai due estremi da una leggera piuma e una cuspide. L’ho trovata molto emblematica come immagine.
L’ira delle Veneri è edito Cento Autori Edizioni, in un’edizione elegante e pratica da portare in giro. Io vi consiglio di non perdervelo, è davvero bellissimo.