
“Essere un poeta per me equivale a possedere un titolo di nobiltà, è una questione di responsabilità”
La rugiada è qualcosa di estremamente raro, ma quando ci capita di incontrare una goccia di tale meraviglia, il nostro sguardo si ferma per un istante ad ammirare. Non è che un momento, l’acqua che si condensa e genera una nuova forma, eppure l’occhio umano se ne stupisce ogni volta.
Nada Skaff, ha scritto e pubblicato per Mreditori “Il punto di rugiada”, il suo primo libro in italiano. La scrittrice di origini libanesi, paragona questa precipitazione atmosferica, all’attimo in cui l’animo umano raggiunge la perfezione e trasforma un pensiero in un verso poetico.
“La mia grande fortuna è sempre stata quella di parlare più lingue, ho costruito grazie a tali competenze una strada tutta mia in Italia. Sono una microbiologa, ho insegnato a lungo scienze ed è stato durante quegli anni che ho maturato il mio amore per la letteratura. Nel mio paese, prima che lo lasciassi, si presentò l’occasione di collaborare con un settimanale di rivista francese. Mio padre, in quegli anni, mi ha dissuaso fortemente, era preoccupato che volessi fare del giornalismo politico con una guerra in atto, non era però il mio caso”.
Nada è nata a Beirut, ha sposato un italiano e si sono trasferiti in Italia nel ‘98. Oggi vive con orgoglio e con la sua famiglia a Torre del Greco in provincia di Napoli. Il suo libro si presenta come una raccolta di esperienze vissute in vari paesi del mondo, ma lo definirei più che altro un viaggio dentro se stessi e attraverso le sfumature emotive dell’essere umano. Nada è un’artista a 360 gradi, una donna dalle mille sfumature, è multietnica e questo lo comunica pienamente nella sua scrittura.
“Riflettendo sul mio percorso, sono proprio queste sfaccettature che mi hanno salvata, ho potuto trovare un punto di incontro e di approdo in ogni mia passione, sono fortunata in questo. Amo i colori, l’arte, mi piace creare gioielli ed amo la poesia, che per me ha rappresentato e rappresenta ancora oggi la salvezza – continua – Essere un poeta per me equivale a possedere un titolo di nobiltà. Quando parlo dei miei gioielli lo faccio infatti con scioltezza, con la poesia invece non mi riesce, c’è troppa responsabilità. Mi piace immaginare che esista un sesto continente al quale accede solamente chi ha compreso il senso della vita. La poesia è cosa rara. I muri che alziamo, la rabbia che proviamo, sono cose effimere, condannate e destinate a crollare”.
Ma quanto costa raggiungere quel punto di rugiada, cosa significa e cosa comporta? Personalmente ho sempre pensato alla poesia come un dono, un’intuizione, qualcosa che arriva dalla pancia. Nada, è così?
“Ci sono stati momenti in cui ho chiesto a persone speciali di raccontarmi qualcosa, di ispirarmi un pensiero, un’immagine, un’emozione. In altri casi invece la poesia, è uno scavare continuo dentro di se, un esplorarsi attraverso cose mai dette e mai pensate, e poi ci sono quegli attimi forti in cui mi è capitato anche di fermare l’auto, perché dovevo appuntare quello che avevo nella mente e nel cuore e non volevo dimenticare”.
Sfoglio il libro e due cose catturano la mia attenzione, la prima è una forma grafica che alcune poesie assumono sul foglio bianco, sembra somigliare ad un albero, la seconda è l’attenzione che ritorna puntale, verso la città di Napoli, al suo mare, alle sue ginestre. Nada non scrive Il punto di rugiada nella sua lingua madre, ma io percepisco il suo desiderio di sentirsi figlia della lingua italiana.
“Hai centrato il punto – mi racconta entusiasta – si tratta nel primo caso di un calligramma, un particolare componimento poetico fatto per essere guardato e contemplato oltre che per essere letto, che si ispira ad Apollinaire; in quei versi, che rappresentano un omaggio alla cultura francese, ho esternato il mio amore per papà. Per quanto riguarda Napoli invece, io mi sento figlia dell’Italia e di questa città, proprio l’altro giorno sono arrivata con mio marito sulla terrazza di Pizzofalcone, non ci ero mai stata, e lì ho pensato che questa città mi ama”.
Non mancano versi malinconici e sofferti tra queste pagine, storie di uomini e donne che non ci sono più, di una guerra civile che ancora porta con se strascichi. Ma questa vita Nada, desidera viverla intensamente sempre, prendendosi quando ne ha necessità, i suoi piccoli spazi.
“C’è sempre una sofferenza prima della nascita o della rinascita, il mio è stato un percorso particolare, sono molto socievole è vero, però mi capita spesso di sentirmi sola nel mio personale viaggio, credo sia naturale”.
Concludo una meravigliosa ed intensa chiacchierata, leggendo insieme a lei i versi di una meravigliosa poesia, che mi ha particolarmente colpita e Nada, la poetessa libanese dal cuore mediterraneo, mi spiazza sull’ultima battuta.
“Napoli mi restituisce la certezza di poter essere se stessi fortemente con grande carattere e grande personalità. Napoli è una città che non ha vergogna o paura di mostrarsi. Io la vedo come città, come persona”.
“Basta un raggio
nella fessura di Spaccanapoli
e la città diventa
donnina allegra della mattina
sfogliatella dai mille strati
da sfogliare senza pudore.
Perchè velare ciò che affiora?
Un seno di marmo romano,
corna di fauno,
Napoli, città peperina,
città magnete,
se stessa, eternamente.”