Sorgevano in strade secondarie, quasi sempre vicino a luoghi pubblici particolarmente affollati
Nell’antica Pompei, le meretrici svolgevano abbastanza liberamente la loro professione vendendosi nelle strade oppure alle dipendenze di un lenone, uno sfruttatore di prostitute, in osterie o bordelli.
L’abbigliamento di una prostituta doveva dare subito all’occhio, vesti succinte e trasparenti, trucco marcato e capelli tinti con colori sgargianti come il rosso o il biondo dovevano attirare i potenziali clienti.
Le tariffe andavano da un minimo di due assi, equivalente ad un bicchiere di vino, fino ad un massimo di sedici assi: “Atticè per la sua prestazione chiedeva 16 assi“, secondo un graffito su un sedile fuori Porta Marina, ma è certamente un’eccezione.
Nel vocabolario latino erano tanti i nomi per indicare le prostitute; i più comuni sicuramente erano meretrix e lupa.
Il primo deriva dal verbo merere, che indicava un guadagno dietro una prestazione; la meretrix non era una prostituta qualunque, ma una cortigiana esperta nell’ars amatoria, nella musica, nella danza e nel canto: una vera intrattenitrice spesso con un nome esotico, greco o orientale.
La lupa, al contrario, era una prostituta di bassa categoria, e da qui deriva la parola lupanare (luogo delle lupae). Esisteva però anche la fornicatrix, colei che si prostituiva sotto i ponti (fornices); la bustuaria, che si prostituiva presso i cimiteri dove c’erano i busti in marmo dei defunti; la circulatrix, che passeggiava ricercando i clienti.
Il numero dei luoghi dove si praticava la prostituzione a Pompei è incerto. Il motivo è che non tutti gli impianti sono identificabili come luoghi del piacere.
Spesso si è attribuito il nome di Lupanare a luoghi dove erano presenti solo graffiti osceni, facendo arrivare il numero dei postriboli a 34; dato senz’altro spropositato sia per la grandezza comunque modesta della città sia per il numero di abitanti.
Il meretricio si praticava non di rado anche in esercizi aperti al pubblico e destinati alla ristorazione come le cauponae, famosa quella di Sempronia Asellina IX,11,2, oppure nelle cellae meretriciae che erano un vano con il letto in muratura, o ancora in luoghi gestiti privatamente affittati a lenoni.
Ma luogo certamente famoso e tra i più visitati dai turisti è sicuramente il Lupanare VII,12,18 sorto sin dall’inizio con lo scopo specifico di ospitare prostitute.
Generalmente questi luoghi non sono situati lungo le vie principali della città, ma in strade secondarie vicino a luoghi pubblici particolarmente affollati come le Terme. L’unico Lupanare accertato sorge infatti vicino alle frequentatissime Terme Stabiane VII, 1, 8.15-17.50-51.
Localizzato all’incrocio fra Vicolo del Balcone pensile e Vicolo del Lupanare, ha un piano terra accessibile da due ingressi che immettono in una stanza centrale su cui si affacciano sei stanzette semplicemente arredate con un letto in muratura addossato alla parete. Un terzo ingresso porta al piano superiore attraverso delle scalette da cui si giunge alla balconata del primo piano che gira tutto attorno all’edificio e su cui si aprono altre cinque cellae meretriciae. Le uniche decorazioni pittoriche dell’edificio si trovano al piano inferiore, le quali si caratterizzano non tanto per la semplice pittura dell’ambiente centrale ma per i famosi quadretti erotici appesi alle pareti.