
Prodotto tipico dell’Alto Casertano, la sua storia e l’abbinamento perfetto
Il Lupino giallo, leguminosa da granella, è da sempre presente nelle coltivazioni e nella dieta mediterranea. In Italia la produzione è sempre stata tradizionalmente in Campania, Lazio, Puglia, Calabria e soprattutto in quelle zone dove la terra è troppo acida per coltivare i legumi tradizionali. Il lupino, infatti ha una grandissima adattabilità a terreni che non sono dei migliori.
Il lupino gigante di Vairano, Presidio Slow Food, insieme alla cipolla di Alife e all’oliva caiazzana, nasce nell’ambito del progetto Presidio della Biodiversità dell’Alto Casertano, realizzato da Slow Food Campania e dalla Fondazione Slow Food per la Biodiversità per valorizzare i prodotti più interessanti dei territori del GAL Alto Casertano che comprendono le macroaree del Monte Matese, del Monte Maggiore e del Monte Santa Croce. L’obiettivo è rilanciare la coltivazione del lupino, distribuendo i semi a nuovi agricoltori e recuperando alcuni terreni agricoli fertili, ma abbandonati e incolti.
Il lupino ha una storia antica ed importante nei nostri territori. Il nome deriva probabilmente dal greco lype, che significa “tristezza”, provocato dal sentore di amaro. Infatti il lupino crudo, senza trattamenti, ha uno sgradevole sapore amarognolo. Utilizzato dagli egiziani e dalle popolazioni della Magna Graecia, già il naturalista romano Plinio li cita scoprendo che le caratteristiche piante di colore azzurro seguono il moto del sole, costituendo un orologio del mondo vegetale.
Particolarmente vocata, in Campania, è la zona del vairanese, nelle campagne intorno Vairano Patenora. Lì infatti resistono le maggiori coltivazioni del Lupino Gigante di Vairano, chiamato anche “lu Lupinone” o “lu Lupinaccio” è servito come antipasto.
I lupini vengono separati dai baccelli raccolti sulla pianta con le modalità della trebbiatura, poi portati in salamoia ed essiccatoio per tre giorni, infatti ha, per diventare gradevole, ha necessità di decantare almeno due giorni in vasche con acqua salata, per perdere il sapore amarognolo e donare il gusto che conosciamo, diventando non solo un alimento da sagra venduto da ambulanti, ma anche uno snack o una presenza in aperitivi, tra gli “spassi” più apprezzati. Gli uomini di mare, sono soliti portarli a bordo e salarli calandoli in acqua con borse a rete. Le antiche massaie li immergevano in sacchi di juta nel lungofiume, prima di salarli. Il lupino ha grandi contenuti di proteine e, secondo alcune ricerche, è un alimento che aiuta a prevenire diabete e tumore al colon.
Macinati i lupini, si ottiene una ottima farina, venduta negli shop biologici, utile per diete proteiche, senza glutine e carboidrati, ideale per dolci e prodotti da forno, insomma un legume dai mille pregi e dai tanti utilizzi, anche se il modo migliore di gustarne la bontà è crudo con una “chiara” rigorosamente ghiacciata.