Un itinerario per scoprire i tre luoghi delle capuzzelle della città partenopea
I napoletani sono un popolo ricco di tradizioni e credenze e alcune di queste possono sembrare quasi macabre. Tra i culti più caratteristici vi è senza dubbio quello delle “anime pezzentelle”, che rappresenta anche il particolarissimo legame dei napoletani con l’aldilà.
Prima che ad inizio ottocento, con il decreto francese venissero istituiti i cimiteri, i defunti erano seppelliti nelle chiese, in preziose cappelle familiari se erano nobili o negli ipogei sottostanti se erano parte di un ordine religioso, oppure in fosse comuni, se erano persone umili. Durante la peste di inizio ‘600 morirono solo a Napoli i due terzi della popolazione. Si trattava soprattutto di persone povere i cui corpi erano abbandonati e dimenticati. Negli anni i resti di queste povere anime iniziarono ad essere prese in cura dai napoletani. Alcune famiglie adottavano un teschio e lo curavano come se fossero i resti di un loro caro. Realizzavano piccole cappelle ma anche una scatola di cartone poteva servire come dimora del defunto. I napoletani pregavano per loro, sperando che raggiungessero il Paradiso, e chiedevano loro aiuto per una grazia o, caso molto comune, i numeri da giocare a lotto. Per ogni desiderio esaudito portavano un omaggio al teschio!
Oggi i luoghi simbolo di questo culto, in cui si conservano ancora alcuni teschi, sono la chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco, la chiesa di Santa Luciella ai Librai e il Cimitero delle Fontanelle.
Entrambe le chiese si trovano nel centro storico di Napoli. Mentre la chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco su via dei Tribunali è perfettamente riconoscibile dai teschi che sono all’ingresso della sua struttura, la chiesa di Santa Luciella ai Librai è nascosta in vico Santa Luciella, una strada alle spalle della sempre trafficata San Gregorio Armeno.
Il cimitero delle Fontanelle si trova invece nel quartiere di Materdei. Immaginando di muoversi proprio dal centro storico basterà prendere la metropolitana in piazza Dante e dopo poche fermate scendere proprio a Materdei; da lì in pochi minuti si arriverà in via Fonatenelle, alla cava in tufo che conserva più di un milione di teschi.
Sono tre luoghi differenti che però raccontano la stessa storia di popolana devozione. Devozione che resiste negli anni. Infatti, nonostante il culto sia stato bandito/disconosciuto dalla Chiesa nel 1969, le persone continuano a portare dei piccoli omaggi alle capuzzelle. Alcune di queste, visto la quantità di desideri che hanno esaudito, sono diventate iconiche. Ne citeremo una per ogni luogo!
Nella chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco c’è il teschio di Lucia, una giovane ragazza morta subito dopo le nozze; per questo il suo teschio indossa un velo. A lei si rivolgono tutte le donne per preghiere d’amore e in particolare per risolvere problemi matrimoniali.
Nei sotterranei della chiesa di Santa Luciella ai Librai c’è invece il tenebroso teschio con le orecchie. E’ conosciuto perché il suo cranio sembra avere ancora la punta delle orecchie; ciò ha sempre fatto pensare ai napoletani che sentisse meglio rispetto a tutti gli altri teschi. Per la quantità di preghiere che ha esaudito sembra anche vero!
Infine nel cimitero delle Fontanelle di teschi iconici ce ne sono davvero tanti, si riconoscono perché rispetto ad altri hanno un gran numero di monili, regalini e monetine. Uno tra tutti è il Capitano. Esistono varie leggende su di lui, una in particolare vuole che il teschio del Capitano avesse minacciato di morte un ragazzo che aveva osato profanare il cimitero delle Fontanelle. Gli disse che il giorno delle sue nozze lo avrebbe ucciso, ma ciò non spaventò il ragazzo. Anni dopo, il giorno delle sue nozze gli si presentò un uomo in nero, si mostrò agli sposi ed era proprio il teschio del Capitano. I due sposi morirono sul colpo.
Quest’itinerario è molto particolare ma è senza dubbio uno dei migliori per conoscere la parte più verace di Napoli.