Napoli. Il Complesso Monumentale di Monteverginella

Un capolavoro artistico situato in Via Paladino e curato dalle Salesiane di Don Bosco

Il Complesso Monumentale di Monteverginella sorge nel centro antico di Napoli, in via Paladino, a pochi passi da Piazzetta Nilo. Si tratta di un vero e proprio capolavoro artistico, per troppo tempo dimenticato, che ha rivisto la luce grazie all’impegno dei giovani del Centro di aggregazione universitario delle Figlie di Maria Ausiliatrice – Salesiane di Don Bosco.

Abbiamo visitato il complesso in una splendida mattinata di sole, in compagnia dell’Associazione Arte nel Tempo, con lo storico Antonio ed Andrea, uno dei volontari del centro, che gentilmente insieme agli altri ragazzi, ci hanno aperto le porte della splendida chiesa.

Il complesso sorge su un’antica insula greca. Il primo nucleo, originario del 300, nacque grazie a Bartolomeo Di Capua, figura importante della corte angioina che la lasciò all’ordine dei Virginiani, fondatori del Monastero di Monte Vergine. La chiesa che oggi vediamo fu fondata nel 1588, il nuovo nucleo, si affiancò a quello vecchio, che sorgeva dove oggi c’è il chiostro. La cupola e la tribuna sono opera di Giovan Giacomo Di Conforto nel 1600. I monaci furono costretti ad effettuare nuovi restauri a causa di un terremoto nel 1741 e la chiesa assunse un carattere rococò. Agli inizi dell’800, si insediarono i Chierici Regolari Minori, detti Caracciolini, da loro fondatore Francesco Caracciolo. Pochi anni dopo, i Caracciolini chiesero a Gaetano Genovesi di cancellare i lavori di vaccaro. Della chiesa si prendono cura, dal 1935, le Figlie di Maria Ausiliatrice.

Lo spiazzale all’interno del quale è situato il complesso, è famoso sia per la presenza della Macchina di Piperno, sia per la Cappella dell’Immacolata Concezione, oggi ingresso del monastero. Originariamente, nel 600, era la Cappella del Seggio di Nido, una delle numerose giurisdizioni presenti a Napoli, le quali amministravano i quartieri loro affidati.

La visita ci ha offerto l’occasione di ammirare una straordinaria produzione artistica che va dal Cinquecento all’Ottocento. Tra i tanti artisti presenti: Domenico Antonio Vaccaro, Luca Giordano, Francesco Antonio Picchiatti, Mattia Preti, Belisario Corenzio, Michele De Napoli, Antonio Licata.

Delle dieci cappelle di cui dispone la chiesa, tutte ricche di storia e splendori, alcune meritavano certamente un’attenzione in più.

In primis la cappella dedicata alla Madonna di Monte Vergine, al centro è presente un quadro monumentale con la Madonna in trono, ricoperto di ex voto a rilievo, l’unica che con gli anni non ha subito rinfreschi o variazioni . Un particolare che ci ha colpiti, è l’affresco presente sul retro del quadro, intravedibile dagli angoli.

La Cappella De Marinis, invece, conserva una serie di reliquie di oricalco metallico, posizionate sotto uno splendido dipinto di San Michele Arcangelo. Tra le tante, ne spicca una contenente frammenti ossei dei primi santi della chiesa napoletana, al centro vi è un osso di San Gennaro.

Durante il percorso, ci si rende subito conto di un particolare: la chiesa di Monte Verginella conserva quattro spoglie mortali: quello di San Francesco Caracciolo, situata all’interno della Cappella ad esso dedicata, quello di Santa Ermione e Santa Caturzia posizionato ai lati dell’altare ed infine il corpo di Santa Cristina. Quest’ultimo si trova al di sotto di un dipinto davvero notevole che rappresenta la Battaglia di Lepanto, la santa ha tra le mani una palma, simbolo della sua vita da martire, figlia di romani, fu infatti condannata e denunciata dallo stesso padre.

Sorge spontanea una domanda. Come sono giunte a Napoli, nel complesso di Monteveginella, così tante spoglie mortali?

La risposta ci viene data dalla prima cappella sulla sinistra, subito dopo l’ingresso della chiesa. All’interno è conservata l’immagine di un crocifisso, ai cui piedi spuntano gli incappucciati, particolare che testimonia la presenza di una congregazione (i Bianchi della Madonna) all’interno del complesso. I motivi per cui diversi corpi da Roma sono stati portati a Napoli sono due. Il primo è teologico: un elevato numero di reliquie, avrebbe fatto sì che la chiesa ottenesse “l’altare privilegiato”, ovvero la remissione completa dei peccati per chi partecipava alla messa. Il secondo motivo è pratico: tale privilegio avrebbe fatto guadagnare un mucchio di soldi alla confraternita.

Degna di nota, è anche la Cappella D’Afflitto dov’è conservato con un meraviglioso pavimento del 700. Merita una visita anche la sagrestia, che dispone di numerose opere d’arte del 500 -600.

Il chiostro è caratterizzato da ventotto pilastri in piperno. Gli stucchi delle finestre sono attribuiti a Domenico Antonio Vaccaro. Particolarità degli stucchi è l’unicità di ogni decorazione. Al centro del chiostro, di forma rettangolare, il pozzo risalente al XVII secolo. Durante la seconda guerra mondiale, in seguito all’esplosione di una nave americana, un grosso frammento cadde nel chiostro senza procurare danni. In ricordo dello scampato pericolo, le Salesiane collocarono il frammento ai piedi della statua della Madonna.

Via Paladino è una strada piuttosto particolare, come ci ricordano in nostri compagni di viaggio Antonio e Andrea. Su questo tracciato a scacchiera, si innestano cinque grandi bastioni monastici: il Complesso della Verginella, Domma Romita, i Gesuiti, Santi Marcellino e Festo e i Santi Severino e Sossio. L’obiettivo dell’associazione l’Arte nel tempo ed il Centro delle Figlie di Maria Ausiliatrice, è quello di far diventare Via Paladino “La via dei monasteri”, così come Via Duomo è riconosciuta come “La via dei musei”. Un progetto meraviglioso quanto faticoso, che richiede una forte collaborazione e che speriamo tanto possa realizzarsi il prima possibile.

Questi gli orari di aperture del complesso, con visite guidate:
sabato 10:00, 11:00, 12:00 / domenica 10:00, 11:00, 12:00.

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