La storia della Piana del Sele crocevia di popoli e civiltà dal lontanissimo Neolitico
Al Museo Archeologico Nazionale di Pontecagnano si osserva da una posizione privilegiata lo scorrere della storia, l’incontro (e lo scontro) delle civiltà su una terra di frontiera che ha vissuto secoli di vita. L’area della Piana del Sele, abitata da insediamenti e gruppuscoli umani fin dal lontanissimo Neolitico, ha lasciato un segno importante nella storia e, per lungo tempo, l’area di Pontecagnano (o Amina, sicuramente poi Picentia) ha svolto l’importante funzione di crocevia tra le genti, tra le civiltà, tra gli uomini e le donne.
Le suggestioni non mancano, anzi. Come i reperti archeologici vengono alla luce dopo certosino lavoro e vanno trattati con estrema cura affinché possano “parlare”, anche i dati storici, i racconti e gli avvenimenti accertati e localizzati qui sono fragili da maneggiare. Le tentazioni, sia di ingigantire che di ridimensionare un retaggio millenario, sono tantissime. Fatto sta che al Museo Nazionale ci sono reperti interessantissimi che parlano non solo la lingua misteriosa dei buccheri etruschi ma anche il greco delle anfore, l’osco sannita delle armi, l’inflessione irpina delle vesti, il rombo latino delle iscrizioni militari. Si può sentire persino l’accento fenicio e sardo tra fibule, bronzetti e altri manufatti.
Tra ricostruzioni interessanti, come quelle dei costumi maschili e femminili, la “moda” delle civiltà che hanno calpestato il suolo picentino e le tombe ritrovate e riadattate all’esposizione, ci sono delle vere e proprie curiosità, interessantissime.
Su tutte, la suggestione enologica: secondo Aristotele, la vite in Italia sarebbe stata portata da una popolazione detta degli “Aminei”. Guarda caso, Amina è uno dei nomi che, secondo le ultime ricerche, potrebbe meglio adattarsi agli insediamenti dell’area o come nome proprio della città oppure come denominazione territoriale o di un gruppo familiare o sociale. E c’è l’interessante caso degli ex voto offerti agli dei, prettamente ad Apollo.
Una lunga tradizione che, snodatasi per secoli attorno al culto dei santi cattolici, trova le sue radici e origini in pratiche di molto antecedenti alla nascita di Cristo.
Infine, chiude il percorso l’iscrizione funeraria del soldato romano fatta apporre dal fratello sopravvissuto. Un documento importantissimo perché contribuisce a confermare le già notissime notizie storiche sul periodo “romano” dell’area picentina quando qui vennero trasferiti a forza i Piceni, popolazione ribelle al dominio dell’Urbe e che daranno il loro nome all’intera zona collinare che fa la guardia alla Piana del Sele.
Il museo è accessibile ai disabili per mezzo dell’ascensore.
Il biglietto di ingresso ha un costo di 2 euro intero, 1 euro ridotto.
Il museo è aperto tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 19.30, ultimo ingresso 19.00 (1 aprile-30 settembre); e dalle ore 9.00 alle ore 19.00 ultimo ingresso 18.30 (1 Ottobre-31 marzo).
Chiuso il lunedì.
Ecco l’intervista video che la direttrice del Museo ha rilasciato a Maria Cristina Napolitano: