San Pietro ad Aram: la più antica (e nascosta) chiesa di Napoli

La Basilica custodisce l’Ara Petri, ovvero l’altare su cui pregò San Pietro durante la sua venuta in città

Lo storico Gennaro Aspreno Galante, che scrisse nel 1872 una Guida Sacra della città di Napoli, parlando della chiesa di San Pietro ad Aram dice: “tra i luoghi più sacri che venera la devota Napoli, merita certamente il primato questo tempio“. Questo perché una tradizione certa dava in quel punto il passaggio dell’apostolo che, provenendo dall’Asia, andava verso Roma incontri alla morte. Era il 44 d. C. e intorno a quell’altare dove disse messa (infatti ara in latino vuol dire proprio altare) è nata la magnifica chiesa che tuttora rimane un gioiello architettonico.

L’ingresso avviene da un portale su Corso Umberto, difficilmente si fa caso a quel cancelletto sormontato da una croce, ma a coloro che si avventurano all’interno, ecco che scesi cinque gradini, si viene catapultati indietro nel tempo.
In fondo alla chiesa troviamo il nostro altare, cui si lega la storia di un uomo ed una donna che, inconsapevolmente, hanno fatto sì che il cristianesimo si sviluppasse in Città. Un tempo il mare lambiva questo luogo, c’era sicuramente una spiaggetta e San Pietro con molta probabilità approdò da queste parti, a differenza di San Paolo che sbarcò a Pozzuoli.


Qui incontrò una donna pagana, Candida, che era gravemente tormentata da dei demoni. Il Santo operò un esorcismo e la liberò. Grata per la guarigione, condusse li un suo amico, Aspreno, anch’egli malato. Entrambi furono così liberati dalle loro sofferenze e decisero di consacrare la loro vita a Cristo: lui fu consacrato primo Vescovo di Napoli e lei si dedicò alla cura e all’assistenza dei malati e dei poveri, predicando la buona novella. Sul luogo dove San Pietro disse messa ed operò le guarigioni si costruì una prima cappella, a ricordo dei miracoli. Nel XIII il Vescovo di Napoli Giovanni de Pizutis fece costruire una prima chiesa intitolata ai Santi Pietro e Candida, inglobando l’ara, e chiamò i Chierici Regolari di Sant’Agostino per gestire l’edificio di culto.


Nei secoli la chiesa è stata più volte ricostruita ed abbellita: in particolare l’Ara Petri fu adornata di un affresco di Girolamo da Salerno del 1516 raffigurante il Santo che dice Messa, mentre nel 1711 Giovan Battista Nauclerio creò un baldacchino di marmo per proteggere l’antica struttura.

Dal 1650 arrivarono i Canonici Lateranensi al posto degli Agostiniani, che operarono dei radicali restauri nella chiesa, lasciando però intatta la parte più antica. Ne venne fuori l’enorme chiesa a croce latina con quattro cappelle per lato, dove trovano posto capolavori come il San Raffaele e Toniolo di Giacinto Diano del 1763, l’ Immacolata Concezione di Antonio Sarnelli del 1767, la Discesa al Limbo di Cristo di Agostino Ciampelli. Notevoli sono poi i lavori scultorei di Giovanni Merlini da Nola, Annibale Caccavello e Girolamo d’Auria.

Ancora altre scalette conducono ancora più in basso, nella parte ipogea, dove la leggenda vuole si sia ritirata Santa Candida fino alla morte. I Canonici Lateranensi nel 1709 volevano creare un cimitero sotto la chiesa e per caso scoprirono una basilica paleocristiana a tre navate, nonché una piccola stanza con sette scheletri vicini e un altro di lato seppellito con un vasetto di creta. Interpretarono quella come la tomba dei primi sette santi napoletani (Gennaro, Attanasio, Aspreno, Agrippino, Severo, Eugenio e Agnello), mentre nell’altro scheletro vollero vedere i resti mortali di Santa Candida, con la coppa utilizzata per essere battezzata.


Qui si sviluppò il culto delle anime pezzentelle: i fedeli adottano uno dei teschi anonimi qui seppelliti, lo curano e lucidano, fino a quando non ricevono la grazia che chiedono. Questi sono i corpi di anime che stanno in Purgatorio, quindi le preghiere e le messe che i devoti fanno per loro permettono a questi di poter accedere al Paradiso, da dove potranno esaudire le richieste, principalmente i numeri al lotto ed una grossa vincita. Ufficialmente la chiesa ha preso le distanze da questa pratica, classificata come idolatria, ma ancora oggi è possibile assistere alla processione di persone che si rivolgono ai teschi qui conservati, con bigliettini e messaggi.

Ed effettivamente qui sotto non si è soli, c’è sempre l’impressione di essere osservati. Suggestione o presenze inquiete?

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    Via S. Candida, 4, 80139 Napoli NA
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