L’intervento di Respiriamo Arte per un pezzo di storia nel centro storico napoletano
A Napoli nella piccola stradina che collega via San Gregorio Armeno a via San Giacomo dei Librai c’è una piccola chiesa che custodisce il misterioso teschio con le orecchie.
E’ la Chiesa di Santa Luciella ai Librai, oggi incastonata tra gli edifici del centro storico in cui si confonde come un qualsiasi palazzo. Fu costruita nella prima metà del XIV secolo per volere Bartolomeo di Capua, consigliere dei re Carlo II d’Angiò e Roberto I. All’interno le decorazioni, sopravvissute all’abbandono e al degrado degli ultimi trent’anni, risalgono 1748 quando la chiesa venne ristrutturata in chiave barocca e divenne sede dell’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione SS. Gioacchino e Carlo Borromeo. E’ in questo secolo che la chiesa fu “adottata” dai maestri pipernieri, coloro che lavoravano la pietra dura e che per paura che le schegge potessero ferirgli gli occhi erano devoti a Santa Lucia, la santa protettrice della vista.
Come molte altre chiese di Napoli, l’ipogeo di Santa Luciella presenta la terra santa e gli scolatoi per la sepoltura, forse destinati ai soli membri dell’arciconfraternita. Qui riposa il teschio con le orecchie che è tra i simboli della culto delle anime pezzentelle.
Questo culto, nato intorno al 1600, fonde il sacro con il profano in quanto le persone adottavano il teschio di uno sconosciuto da una fossa comune, dove erano sepolte le persone più povere, dedicandogli le stesse cure di quelle che avrebbero riservato ai resti di un parente. Ne pulivano il teschio, cercavano di ricongiungerlo al resto delle ossa e realizzavano degne sepolture costruendogli una piccola cappella. Oltre a prendersene cura i napoletani parlavano, si confidavano, pregavano e chiedevano favori ai teschi. Pensavano che loro essendo più vicini a Dio potessero aiutarli!
Il teschio con le orecchie è il più famoso tra i teschi cari ai napoletani perché pensavano che avendo ancora parte delle orecchie potesse ascoltarli meglio degli altri, si dice infatti che di preghiere ne abbia esaudite proprio tante.
Questa piccola storia che unisce arte, religione e folclore è stata riscoperta e valorizzata con dall’Associazione Respiriamo Arte. Nel 2016 l’Associazione ha ottenuto il comodato d’uso della chiesa e l’anno seguente ha completato i restauri che hanno permesso di musealizzare la chiesa. Il loro lavoro di tutela non si è concluso e tramite il crowfunding continuano a progettare i prossimi interventi di restauro.
Visitare questa piccola chiesa fa riflettere come solo a Napoli si può incontrare un teschio che nei secoli deve averne ascoltate proprio tante. Chiunque volesse conoscere questo pezzo di storia della città, può farlo mettendosi in contatto con l’Associazione.