Un vero capolavoro, al centro di una grande devozione per il popolo dei Quartieri Spagnoli
“Giovinò qua teniamo cose bellissime, solo che ai forestieri diciamo sempre che non c’è niente di importante! Un giorno sono entrati con la scala dalla finestra, per fortuna nun se so pigliat nient, un’altra volta abbiamo trovato un angelo quasi staccato, per poco non pigliava il volo e amen” – le parole della vecchina seduta nel banco in prima fila mi lasciano interdetto, e finalmente capisco la diffidenza con cui mi guardavano mentre gironzolavo e facevo foto dentro la loro bella chiesa.
Una volta tranquillizzata si apre, ed è un fiume in piena, e quando arriviamo a parlare della statua della patrona, le brillano gli occhi. “Ma la vedete quanto è bella! Ce protegge a tutti quanti”.
Sono ai Quartieri Spagnoli, in una chiesa che forse è l’ultimo baluardo del tardo barocco napoletano: Sant’Anna di Palazzo. Ha una storia ricca e significativa che la mette in relazione con un’altra chiesa che le sorgeva vicino, che oggi non esiste più. Ma procediamo con ordine.
Il nostro tempio religioso in realtà originariamente era intitolato alla Madonna del Rosario, la chiesa che sorgeva a pochi metri invece a Sant’Anna. Quest’ultima era stata abbandonata a se stessa, e preda dell’incarico rischiava di crollare. Così nel 1816 ne fu decretata la demolizione, per essere poi revocata pochi anni dopo, quando fu affidata ad una confraternita con l’obbligo di riaprirla. Poiché nel primo passaggio il titolo di chiesa di Sant’Anna era passato al Rosario, e tutti avevano iniziato a chiamarla così, per distinguerle chiamarono Sant’Anna di Palazzo l’ex Rosario e Sant’Anna Vecchia la chiesa in rovina, che tra l’altro fu buttata giù negli anni Cinquanta del Novecento, perché le bombe della guerra l’avevano devastata.
Rosario di Palazzo nacque nel 1572, sulla scia del fervore per la vittoria della Battaglia di Lepanto l’anno prima, che si voleva essere stata favorita proprio dall’intervento della Madonna del Rosario. Michele Lauro offri una cospicua donazione ai Domenicani affinché costruissero la Chiesa, che nei secoli ebbe vari rifacimenti, quello più importante fu di Giovan Battista Nauclerio, che la allargò e rese barocca, riempiendola di stucchi.
L’interno è a navata unica, con sei cappelle per lato. Il soffitto è moderno e sostituisce gli affreschi settecenteschi persi durante la guerra per le già citate bombe. Ovunque è un tripudio di marmi colorati, dai quali sbucano ai quattro angoli della navata i busti di santi papi Domenicani, e la mano di Domenico Antonio Vaccaro è più che evidente.
Ci sono lavori di Fabrizio Santafede, Giovan Bernardo Azzolino, Antonio Sarnelli, Giuseppe Bonito, ma in assoluto ciò che attira l’attenzione è la statua di Francesco Verzella, datata 1810, della Sant’Anna con la Madonna Bambina, proveniente dalla vecchia chiesa. Un vero capolavoro, al centro di una grande devozione per il popolo dei Quartieri Spagnoli. Quest’anno per l’emergenza sanitaria non ha avuto luogo la caratteristica processione per i vicoli, ma le signore sono più agguerrite che mai e promettono grandissimi e doppi festeggiamenti l’anno prossimo.
Se quindi passate da quelle parti, entrare in questo scrigno di arte, fede e bellezza, sono sicuro che rimarrete come me: senza parole.
Foto di Dario Mastrogiacomo.