A Materdomini una lunga storia di fede e devozione che richiama a sé centinaia di devoti
Materdomini si trova nella valle del Sele, là dove il fiume si arrampica verso l’Irpinia. Lì resiste una delle forme di devozione più sentite di tutta la Campania: quella tributata a San Gerardo Maiella.
Il santuario ingloba l’antica chiesa (ristrutturata dopo il terremoto dell’80) che risale al 1200 dove si venerava Santa Maria del Sele e che, nel 1527 cambiò ufficialmente nome e fu intestata al culto di Santa Maria Mater Domini. Ha origini che trascendono nella leggenda. Anzi, in due leggende. Si narra che la Madonna apparve a un gruppo di contadini, adagiata su un sambuco, chiedendo che lì fosse eretto un tempio a suo onore. L’altra versione, invece, racconta del ritrovamento miracoloso dell’icona, nel bosco, ad opera di alcuni pastori.
Sia come sia, oggi a Materdomini la devozione richiama centinaia e centinaia di pellegrini ogni domenica. I fedeli raggiungono la frazione del comune di Caposele, in provincia di Avellino, con ogni mezzo. In auto, sui bus organizzati. Eppure resta viva – specialmente nell’area tra Irpinia e Basilicata di cui è patrono e dove il suo culto rimane fortissimo – la tradizione del pellegrinaggio a piedi per rendere visita a San Gerardo, il protettore delle mamme e dei bambini.
La sua resta una figura amatissima nel pantheon popolare della devozione. Nasce a Muro Lucano, oggi in provincia di Potenza, nel lontano 1726. Quando perde il padre, entra a servizio del Vescovo di Lacedonia, Claudio Albini. E proprio qui che accade quell’evento che gli cambia (per sempre) la vita. Gli cade una chiave nel pozzo, lui lega una statua del Bambino Gesù a una corda e gli chiede, pregando, di riportargliela. Quando tira su la corda, la chiave era lì, attaccata alla statua.
Dopo molte insistenze e nonostante l’opposizione della famiglia e dei frati che temevano la sua delicata costituzione fisica, ritenuta non adatta alla vita in convento, entrò, giovanissimo, nella Congregazione del Santissimo Redentore, l’ordine fortemente voluto da un altro grande santo a lui coevo e attorno a cui si unisce il suo culto, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori.
Numerosi i miracoli attribuiti alla sua intercessone, gli eventi straordinari che sono costellano la sua storia terrena. Liberò un’ossessa imponendole la sua cintura talare, garantì ai poveri contadini di Caposele e dintorni cibo e sostentamento durante la carestia del 1754. Guarì bimbi in fasce, soccorse madri in travaglio, ebbe estasi mistiche. Eppure il più noto dei suoi miracoli avvenne a Napoli. Quel giovane che poi, tanti anni dopo, sarà santo si trovò di fronte a una tempesta che stava per affondare una nave su cui, disperati, si dibattevano i marinai lottando fino allo stremo con la burrasca. Egli invocò il signore e camminò sulle acque fino a raggiungere la barca. Che afferrò con una mano e trascinò a riva, senza apparenti sforzi.
La sua fama, però, fu immediatamente legata alla dolcezza che emanava il suo viso e la sua parola. Fu patrono dei deboli, proprio come Sant’Alfonso. Morì molto giovane, a Materdomini, il 16 ottobre del 1755. I suoi resti, custoditi in un’urna preziosa donata al Santuario dalla natìa Muro Lucano, sono ancora conservati lì, alla Tomba che – vegliata dagli arazzi delle virtù cardinali (fede, speranza e carità a cui s’aggiunge la castità) e da un complesso scultoreo in marmo di Carrara – è visitata ogni anno da migliaia di devoti.
Al Santuario, oltre alla basilica moderna in pianta semicircolare e alla Tomba del Santo, è possibile visitare il Museo Gerardino che racconta la sua vita e la sua storia in un’interessante esposizione di quadri e oggetti d’epoca settecentesca. All’interno della pianta del museo c’è la cella in cui il Santo visse fino alla fine della sua parabola umana.
La “vocazione” del santo, canonizzato dalla Chiesa solo nel 1904, è quella di protettore delle donne incinte, delle madri e dei bambini. È per questo che un’intera sala è dedicata all’offerta dei fiocchi colorati che i genitori, dopo aver utilizzato per annunciare la nascita di un bimbo, offrono al Santuario. Inoltre è commovente l’esposizione permanente dei presepi, uno dei simboli più autentici della religiosità meridionale.