Smettere di mangiarli è impossibile: la risposta è nella psicobiologia
Appetitosi, croccanti, e dai packaging bellissimi… sono gli snack, e più che cibo si tratta di veri e propri prodotti ingegneristici messi a punto da menti superiori fatti a posta per essere mangiati, uno tira l’altro e smettere è impossibile… Ti sei ma chiesto il perché?
Gli snack sono il frutto di una sapiente conoscenza della neurobiologia, che studia il funzionamento del sistema nervoso e dei meccanismi che quest’ultimo regola. Il retaggio della “ricerca del cibo” è alla base dei nostri istinti primari e la sensazione dell’appagamento legata all’assunzione di cibo è connessa ai nostri bisogni fisiologici e psicologici. Gli snack riescono a soddisfare le nostre necessità, peccato che sia una sensazione solo momentanea e che tutto questo sia solo un’illusione…Tutto è studiato nei minimi dettagli: il gusto, le dimensioni, il packaging, il rumore, così come la modalità pratica e veloce di reperirli e di consumarli. Niente di più facile per lenire la fame…ma per quanto?
Snack: il rumore che seduce
Oggi è cosa risaputa che l’esperienza alimentare sia multisensoriale, tutto influenza ciò che noi profani chiamiamo “sapore”: il profumo, il tatto, ma anche il suono. Il gusto (ossia la reazione chimica che avviene tra i recettori gustativi e una molecola) è un concetto diverso dalla “percezione del sapore”, che avviene una volta che il nostro cervello ha elaborato le informazioni provenienti dai nostri sensi e le ha mixate con la nostra sfera emozionale. La percezione del gusto è un meccanismo ben diverso dalla semplice sensazione gustativa, proprio per questo amiamo lo scricchiolio delle patatine in bocca e probabilmente, senza, non avrebbero lo stesso sapore.
Amiamo i cibi croccanti e inconsapevolmente l’associamo al piacere, un’informazione utilizzata dalle aziende che non perdono occasione di fare del “Crispy” il vessillo di ogni campagna pubblicitaria, ma per quale motivo? Qui la psicobiologia ci viene incontro, e ci svela che è un retaggio che risale al tempo in cui vivevamo nelle caverne, ed è legato al fatto che un alimento croccante in natura, come la frutta e la verdura, indicasse freschezza e di conseguenza segno di un cibo sicuro da mangiare. Una texture croccante rende il prodotto ancora più accattivante e sembra avere un ruolo centrale nella “psicologia dell’appetito” perché spingerebbe a continuare a mangiare, forse perché quando mordiamo un cibo croccante, il suono riecheggia in bocca fino alle orecchie: è qualcosa che ascoltiamo e sentiamo fisicamente e che ci piace.
Snack e l’illusione di essere sazi
Quando si è sempre di corsa è difficile ritagliarsi un momento per mangiare, ed è in questi casi che gli snack sono provvidenziali: pratici, veloci e saporiti, sembra che riescano a placare la fame…ma non per molto. Infatti, gli snack ci soddisfanno nel breve tempo ma poi si ritorna più affamati di prima. Qual è l’inganno degli snack? Tante calorie a fronte di un bassissimo potere saziante. La sazietà è quello stimolo che ci dice di non mangiare più perché si è raggiunto il giusto apporto di calorie. Purtroppo in alcuni casi è una condizione solo apparente, mentre lo stomaco ci sembra pieno il cervello ha ancora fame.
Ci sono cibi che danno un senso di sazietà per lungo tempo come la frutta, i cibi ricchi di proteine e di carboidrati. Altri che riempiono pochissimo, come i cibi ricchi di grassi: cornetti, torte, ciambelle, noccioline e gli snack. Probabilmente perché i grassi non sono una fonte di uso immediato di energia, quindi non esiste un sistema che ne registri il livello di assunzione, come accade per gli zuccheri.
La biochimica dell’appetito e gli ormoni della felicità
Il meccanismo che regola la fame e la sazietà è complesso e dipende da ormoni e neurotrasmettitori che dialogano tra loro e che regolano i meccanismi primordiali del nostro cervello. Le aziende alimentari conoscono bene il funzionamento dei neurotrasmettitori, e gli snack sono sembrano essere fatti a posta per sopraffare e ingannare il cervello. Ad esempio, quando mangiamo il nostro cibo preferito, la dopamina lo segnala al cervello e lo induce a ripetere ciò che ci gratifica, in questo caso mangiare ancora di più. La dopamina è alla base del meccanismo sia “ricompensa del cervello” sia al senso di piacere legato a una specifica azione, questo ci induce a completare e iniziare a svolgere dei compiti indispensabili per il nostro organismo. Mangiare è uno di questi. Quando apriamo una busta di patatine, il cervello rilascia dopamina per aiutarci a iniziare, a continuare e purtroppo anche a finire il nostro snack.
È impossibile smettere se è il nostro cervello non desidera altro che portare a termine quello che ha iniziato. Un’altra causa che ci condiziona a consumare e terminare il nostro snack è data dalle piccole dimensioni. Inconsciamente crediamo di stare assumendo meno cibo, ogni piccolo morso è insoddisfacente, e fa in modo che il cervello rilasci piccole quantità di dopamina, sufficienti per andare avanti ma non per soddisfarti, e quindi di portare avanti il compito che il cervello c’impone di terminare. La serotonina è legata, in termini molto basilari, al senso di felicità e sazietà alimentare, l’adrenalina svolge un’azione fondamentale nella regolazione dei processi digestivi.
Gli ormoni della fame
La grelina è un ormone prodotto soprattutto dallo stomaco, stimola l’appetito, mentre la leptina, ormone prodotto dal tessuto adiposo, regola l’assunzione di cibo, e stimola la sensazione di sazietà, i suoi recettori sono localizzati soprattutto nel cervello, nell’ipotalamo. Dopo aver mangiato, i recettori intestinali promuovono la produzione di leptina che inibisce i neuroni dell’ipotalamo, e allo stesso tempo diminuisce anche il valore di ricompensa insito nell’assunzione di cibo. I recettori della leptina sono presenti su alcuni neuroni della dopamina che segnalano la ricompensa del cibo, elaborando così la sensazione di sazietà. I segnali del senso di sazietà si attivano dopo circa 15 minuti dall’inizio della digestione, per questo bisognerebbe mangiare lentamente, ma non è il caso degli snack che sono divorati in un tempo piccolo, e finiti ancor prima che il cervello sia sazio.
Anche il cortisolo, definito ormone dello stress, influenza tantissimo le nostre scelte dal punto di vista alimentare. Il calo di cortisolo ci porta inoltre a scegliere quei cibi appaganti che si trasformano velocemente in zucchero e grasso come pane, grissini, crackers, biscotti, formaggi, cioccolato, Sono tutti i cibi che vengono influenzati dallo stato dell’ansia e dal cortisolo.
Il rilascio di cortisolo aumenta l’appetito e modifica il comportamento nutrizionale guidando la persona a scegliere dei cibi ricchi di grassi oppure dolci che riducono nel breve tempo la percezione dello stress e dei biomarcatori dello stress. Quindi la scelta di questi cibi vanno a stimolare la dopamina che, a livello centrale, è quell’ormone della gratificazione, che “premia” la scelte di cibi che fanno mettere su peso, e questo meccanismo porta il nostro cervello ad essere più tranquillo.