
Da oltre trent’anni ospita la collezione di mobili intarsiati dell’800
Preservare l’antica tecnica dell’intarsio sorrentino e darle nuova linfa vitale, attraverso l’arte e la produzione artigianale contemporanee. Quando si entra nel Museo-bottega della tarsialignea di via S. Nicola, a Sorrento, si ha l’impressione di entrare in una dimensione temporale sospesa tra passato e futuro, tra la cultura sorrentina dell’800 e l’attualità delle nuove forme di linguaggio architettonico, nate per reinventare la memoria di quel passato illustre.
Aperto ufficialmente nel 1999 dall’architetto sorrentino Alessandro Fiorentino, il Museo-bottega raccoglie migliaia di mobili intarsiati dell’800, oggetti antichi e di design contemporaneo, ceramiche, stampe e foto d’epoca. Un patrimonio di enorme valore, collezionato in oltre 35 anni da Alessandro Fiorentino e la sua famiglia che, nel 1990, acquistò e restaurò lo storico palazzo Pomarici Santomasi, sede del museo, che oggi accoglie più di 8000 visitatori all’anno.
“Ricordo ancora il primo oggetto che ho acquistato nel 1979 – spiega l’architetto Fiorentino – era un’elemosiniera comprata in un mercatino dell’antiquariato di via Pietà. Per me il collezionismo non è mai stato il semplice possesso di una cosa – continua – ma ho sempre avuto l’obiettivo di condividere gli oggetti con gli altri, farne un veicolo di conoscenza”.
Inserito dai tour operator inglesi nei primi dieci musei più importanti della Campania, il Museobottega è diviso in tre tappe principali. L’itinerario inizia nella sala dedicata alla sezione “Sorrento nell’Ottocento”, dove si possono ammirare stampe, quadri e tavoli intarsiati che raffigurano scene di vita quotidiana negli agrumeti sorrentini. Oggetti, quindi, che evidenziano lo stretto rapporto tra le due principali attività che hanno reso la penisola famosa in tutto il mondo: la tarsia e la coltivazione degli agrumi.
Il percorso prosegue con la collezione “La Tarsia in Italia dal Quattrocento all’Ottocento”, un excursus attraverso la tradizione italiana ed europea della lavorazione di mobili ed oggetti in legno intarsiato.
La terza sezione, “La Tarsia sorrentina nell’Ottocento” è la più ampia ed è dedicata a varie tematiche: dalla documentazione degli attrezzi di lavoro, dei materiali e delle tecniche usate, ai temi decorativi e al design, passando per l’esposizione delle opere realizzate dalla locale Scuola d’Arte locale e dai grandi maestri intarsiatori sorrentini dell’Ottocento, tra i quali Francesco Grandi, Roberto Pane, Ivo Francescon, Luigi Gargiulo e Michele Grandville.
Percorrendo le sale, tra scrittoi e secretaire, pannelli, letti antichi e tavoli intarsiati, si torna con la mente all’epoca del Grand Tour, quando Sorrento era la tappa fondamentale del viaggio in Italia di nobili e artisti come Goethe, Stendhal, Ibsen, Nietzsche o Wagner. Un flusso di viaggiatori che, ammaliati dalla bellezza del luogo, contribuirono a portare nel mondo la conoscenza della produzione artigianale sorrentina.
“Molti oggetti e mobili intarsiati – spiega Fiorentino – sono stati raccolti in giro per il mondo. I sorrentini, infatti, li hanno sempre considerati un prodotto destinato ai turisti, raramente li acquistavano per le loro abitazioni”. Amanti della tarsia sorrentina, invece, erano i nobili europei che soggiornavano a Sorrento e commissionavano agli artigiani locali mobili e oggetti per arredare le loro fastose dimore. Nel museo , ad esempio, è possibile ammirare i mobili realizzati dagli artigiani della Scuola d’arte di Sorrento per la camera da letto della principessa Maria Sturza, moglie del principe russo Costantino Cortchacow.
“Contrariamente a ciò che si pensa – esiste da sempre un certo distacco tra la comunità locale e l’arte dell’intarsio. Anche per me è sempre stato difficile trasmettere l’idea di recuperare l’arte della tarsia proponendola attraversa progetti architettonici contemporanei”.
Un’idea sui cui l’architetto Fiorentino insiste da tempo, da quando, nel 1985, dopo diverse esposizioni in giro per il mondo, da New York a Parigi, inaugurò la prima mostra a Sorrento dal titolo “Proposte per la tarsia sorrentina”. Lo scopo era quello di proporre agli artigiani locali un rinnovamento delle forme dell’intarsio sorrentino, applicandolo non più solo alla realizzazione dei classici “cassettini” ma anche a nuovi progetti. Un’ambizione da cui nasce la denominazione di “Museobottega”, scelta per sottolineare l’intento di preservare gli oggetti ma anche di recuperare l’attività produttiva contemporanea, attraverso corsi e laboratori.
“In quegli anni le botteghe sorrentine erano circa 700 – sottolinea Fiorentino – tuttavia, gli artigiani rifiutarono la proposta. In occasione di quella mostra – continua – progettai e realizzai delle porte decorate con la tecnica dell’intarsio”.
Le porte sono esposte, ancora oggi, nella sezione del museo dedicata all’arte moderna, che offre esempi di applicazione dell’intarsio ad elementi di arredo ed oggetti della cultura contemporanea.