Un viaggio attraverso i meccanismi difensivi e lo splendido scenario offerto dal fiume Mingardo
Non solo mare, incantevole e incontaminato nel Cilento. Ma anche fiumi, protagonisti di una terra che offre, valli, gole, inghiottitoi e risorgive, frutto del loro instancabile ed energico scorrere.
Il Mingardo è uno di questi: nasce dal Cervati ed attraversa il Cilento per quasi 40 km, il sui tratto principe è sicuramente quello che accompagna la “Costa del Mito”, alle spalle di Capo Palinuro. Alle falde del Monte Bulgheria, un gigante di oltre 1200 metri, con un dirimpettaio altrettanto maestoso come il Monte Cervati, alto quasi 1900 metri. In mezzo, il corso del fiume, talvolta più verdeggiante, soprattutto in prossimità della foce; poi più aspro e roccioso nell’entroterra. Qui, non molto distante dalla costa tirrenica, il fiume forgia la sua forma più cupa ma ugualmente mozzafiato per il suo aspetto tetro: la “gola del Diavolo”.
Lo strapiombo, in cima alla riva destra del fiume, custodisce il piccolo borgo di San Severino di Centola. Definitivamente abbandonato dai suoi 400 abitanti al termine della Seconda Guerra Mondiale, a causa dei continui smottamenti del terreno, l’abitato conserva il suo fascino indiscusso.
Costruito tra il X e l’XI secolo, il borgo continua a sovrastare la valle: il colle di San Severino, infatti, ha sempre svolto una funzione di controllo del territorio: a cominciare dai Longobardi, che in questo modo controllavano le vie interne che si spingevano oltre Policastro, ai confini del Principato di Salerno, fino ad arrivare all’ultimo conflitto mondiale. Il borgo, con le sue torri ed i suoi castelli fortificati, rappresentava uno dei tasselli del sistema di difesa ed avvistamento del Cilento. Grazie a queste fortificazioni, che potevano avvalersi di altri sistemi di sorvegliamento con le vicine colline di Roccagloriosa, della Molpa e di Camerota, ai bizantini fu impedita la riconquista, così come ai saraceni ed agli aragonesi durante le guerre con gli angioini. Intorno alle torri sorsero le prime abitazioni, costruite senza fondamenta e che poggiavano direttamente sulla roccia. I due strapiombi rocciosi che si affacciano sulla gola del Diavolo rendevano prima la torre e poi il Castello praticamente inaccessibile, mentre gli altri passaggi erano sorvegliati dalla cortina di abitazioni che costituivano una vera e propria barriera.
Il borgo è raggiungibile a piedi, imboccando un ripido sentiero lastricato: ma per chi volesse assistere ad uno spettacolo mozzafiato, non può restarne indifferente: il borgo di San Severino e la sua gola del Diavolo costituiscono un capolavoro di strategia militare.