Le strade di Napoli sono delle chiese e i loro altari non mancano delle preghiere dei passanti
Le strade di Napoli sono delle chiese, non tutte, quelle più antiche, quelle più devote. I loro altari sono le piccole edicole votive con fiori, candele e lumini, preghiere dei passanti. Ce ne sono a centinaia, la Madonna ha il primato assoluto, c’è la Madonna del Carmine, quella di Pompei, la Madonna Addolorata quella dell’Arco e tante altre. È Mater dolorosa, onnipresente e consolatrice.
Esistevano già in epoca romana questi altarini, si chiamavano “Lararia” ed erano dedicati ai Lares, divinità benefiche che garantivano protezione. A Napoli le edicole votive cominciarono poco a poco a comparire in ogni angolo della città nel ‘700 grazie a padre Rocco che, facendo leva sul profondo senso di fede del popolo afflitto, cominciò a distribuire immaginette votive. Chiedeva di accendere ovunque un cero e così, zitto zitto, l’astuto prete riuscì a realizzare la prima vera illuminazione cittadina prima dell’illuminazione pubblica del 1806 realizzata, in epoca borbonica, con più di duemila fanali in tutta la città.
Lungo una delle strade più antiche di Napoli sorta nel solco di un alveo torrentizio, si trova un’edicola dalla rara iconografia, è l’edicola votiva del Cristo crocifisso situata dove un tempo esisteva un arco, l’Arco Mirelli. Questa edicola votiva appare come un vero e proprio altare su strada, rialzato, con bella cornice in stucco, ghirlande e volute bianche ed è collocato sulla parete tutta gialla del Monastero delle Carmelitane scalze.
L’ edicola deve chiamarti a sé, altrimenti, concentrati sulla linea di mare della Riviera di Chiaia che si intravede lungo la strada che si percorre, non ci si fa troppo caso. Il Cristo crocifisso è stranamente dipinto, protetto da un vetro e una pensilina, ha esalato l’ultimo respiro e una parte dei capelli, ombra di morte, copre il suo volto e cade come lacrime. Chi osserva, dal basso, attratto da quel pianto, risponde con la preghiera. Riecheggiano i versi del Vangelo di Giovanni (19, 30) “Tutto è concluso e inclinata la testa consegnò lo spirito”. Il Cristo crocifisso non si arrende però al buio che lo avvolge, dietro di lui, a guardar bene, un orizzonte arancione preannuncia la luce, annuncio di resurrezione, ed in quel momento si fonde con il giallo del monastero.
È un quadro d’autore senza autore. Bellissimo, profondo. È del ‘700 e a mia memoria, è una immagine rarissima da queste parti. Le braccia di Cristo inchiodate alla croce, sembrano ali pronte a far volare le preghiere di chi sosta ai suoi piedi.
Una edicola votiva è momento di riflessione. È incontro inatteso. È preghiera manifesta.
Così, in questa città, una piccola anonima strada sorta sull’alveo di un torrente, diventa luogo dell’anima e il mare, intravisto da lontano, adesso è dentro.