È stato svelato questa mattina il murales di Jorit dedicato a Gaza, e Gragnano ha risposto con un abbraccio collettivo. Un corteo composto da studenti, insegnanti, dirigenti scolastici, istituzioni e parrocchie ha camminato insieme per raggiungere l’ex carcere di Gragnano, dove l’opera è stata presentata a tutta la comunità. Un momento toccante, unico, di riflessione e bellezza. Intervenuti dal palco il sindaco di Gragnano Nello D’Auria, l’assessore regionale Fortini e lo stesso Jorit. Tutti hanno sottolineato la gravità di quanto accaduto a Gaza e le speranze nell’accordo di pace. Presenti anche i sindaci delle città vicine.
Il murales raffigura un bambino palestinese e Papa Francesco, posti uno di fronte all’altro. Agli estremi dei due volti campeggia la scritta “In Palestina Dio muore”, un messaggio forte, diretto, che scuote le coscienze e richiama l’urgenza di giustizia e pace. Al centro, una chiave: simbolo di memoria, di resistenza, di ritorno. È il grido di un popolo e la presenza viva di una comunità che si stringe idealmente a Gaza, in un tempo in cui la pace sembra finalmente più vicina.
In questa calda mattina di ottobre, Gragnano si è fatta promotrice di pace. I ragazzi hanno portato in alto il nome delle loro scuole, hanno indossato maglie bianche con la scritta “Gaza”, distribuite come segno di solidarietà. Hanno sfilato con striscioni preparati a mano, con frasi a favore della Palestina. Un fiume di giovani ha attraversato la città, raccontando con la propria presenza che Gragnano c’è, che risponde, che non resta indifferente.
È da questi piccoli gesti che nasce qualcosa di grande. Una maglia, uno striscione, una camminata condivisa: tutto parla di pace, di impegno, di vicinanza. Il murales non è solo un’opera d’arte, ma diventa simbolo della città, punto di riflessione per chi passerà da lì, all’incrocio che divide Gragnano dal comune di Casola di Napoli.
Un gesto semplice, ma potente. Che rende più bella la città e scalda i cuori. Gragnano ha dimostrato che anche ciò che sembra lontano ci riguarda profondamente. E che la pace si costruisce così: scendendo in strada non con le armi, come accade in quei luoghi martoriati, ma con l’arma più forte che abbiamo — quella della pace.