«Dottò, sono cinque euro a piacere» annuncia il parcheggiatore abusivo quando scendo dall’auto.
«La settimana scorsa ho pagato tre euro» protesto con la faccia più imbrutita che riesco a simulare.
«Tutta colpa di Trump» asserisce candidamente lui. «Da oggi entrano in vigore i dazi americani. Non li leggete i giornali, dottò?»
«E a te che te ne importa? Tu esporti qualcosa negli Stati Uniti? Che effetto hanno questi dazi su di te?» insisto.
«Uh Gesù. E non vedete che il parcheggio è vuoto?» cerca di giustificarsi lui. «I prezzi sono aumentati alle stelle e nessuno viene più in centro a fare shopping».
«Forse nessuno viene più perché la settimana scorsa c’erano i vigili urbani con i carri attrezzi».
«Uh Gesù. E secondo voi, perché il comune ha mandato i vigili?»
«Forse perché questo non è un parcheggio ma un’area comunale destinata al mercato? Non lo vedi il divieto di sosta?» gli rispondo mostrando il cartello sotto il quale ho appena parcheggiato.
«Uh Gesù. E quello c’è sempre stato. Sta lì da almeno settant’anni. Da quando c’era la buon’anima di mio padre. Dottò, io modestamente, sono figlio d’arte e vi posso assicurare che qui i vigili non sono mai venuti».
«Li ho visti con i miei occhi» protesto
«Uh Gesù. E sapere perché Il comune li ha mandati? Perché i prezzi sono aumentati alle stelle e nessuno viene più al mercato. Molte bancarelle hanno dovuto chiudere e il comune non incassa più l’affitto dai venditori ambulanti. E da qualche parte il comune li deve recuperare questi soldi».
«E proprio dalle mie tasche li deve recuperare?»
«Vabbè, ho capito, vi voglio venire incontro, fate quattro euro a piacere».
«Un euro in più al giorno?».
«Dottò e mica è colpa mia? Prendetevela con Trump che ha aumentato i dazi. Anzi, per stare più tranquillo, mettete l’auto più avanti. Sotto la dogana. Quello è posto nostro e non ve la tocca nessuno. Lì la buon’anima di mia mamma vendeva le sigarette di contrabbando. Dottò, noi modestamente, da secoli, siamo una famiglia di abusivi. Abbiamo sempre combattuto lo stato».
«Uh Gesù» esclamo imitando la voce del parcheggiatore. «E non lo sai che quello è stato il primo motivo per il quale i Borbone hanno messo i dazi a Napoli?» aggiungo e mi riprendo un euro dalle sue mani. «Se la tua famiglia ha sempre combattuto lo stato, allora capirai che a me questi nuovi dazi mi fanno solo salire il nervoso».
Sposto l’auto fino a sotto il muro finanziere, quel che resta della grande muraglia che Francesco I di Borbone fece costruire proprio per far pagare un dazio a quelli che portavano le merci in città.
Parcheggio dove c’è il vecchio palazzetto della dogana e la targa in marmo che avvisava: “Qui si paga per gli regj censali”.
Mentre mi allontano, sento ancora gli occhi del parcheggiatore che mi seguono da lontano.
L’ho lasciato a bocca aperta.
La prima battaglia l’ho vinta ma la guerra dei dazi è solo all’inizio.