Al Palazzo Reale la mostra in esposizione fino al 25 gennaio 2026
Totò. Antonio De Curtis.Principe. Eri gia’ morto quando io sono nata.
Ma non lo sapevo. Anzi non lo so ancora perché mica te ne sei mai andato da Napoli? No.
You never left. E che nessuno si lasci Ingannare dal bianco e nero dei suoi film. Un tempo passato che è presente continuo.
“Frame” mai sbiaditi anzi, più “colorati” che mai di gesti, smorfie e battute, le stesse che ogni napoletano conosce a memoria imitatandole, con spiccata ironia, nel quotidiano. No.
You never left, Principe, o dovrei scriverlo tutto intero il tuo nome? Antonio Ficas Flavio Angelo Ducas Comneno di Bisanzio De Curtis Gagliardi, di Giuseppe, Principe, Altezza Imperiale, Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero e Nobile.
No, tu sei semplicemente Totò, il nostro Totò!





“Nostro”, un possessivo plurale potenziato perché nato in un quartiere “nostro”, sovraffollato, difficile e (all’epoca) dimenticato e “in bianco e nero”: la Sanità.
E qui sei cresciuto, cullato dalla miseria e dalle privazioni. Privo di soldi, privo di abiti, privo di padre.
Figlio di NN, “due lettere” di “negazione” che hai portato con dolore nel tuo cuore fino a quando non sei stato riconosciuto De Curtis.
Ma quel bambino “privo”, cresciuto alla Sanità, è stato compagnia, forza e maestro di vita.
Proprio lui ti ha donato leggerezza, ironia. carisma e generosità.
Nel tuo amato quartiere, Totò, tornavi ogni 15/20 giorni per stare tra la quella gente (la tua!) che “sapeva darti il calore vero della vita”.
Del resto si sa, “luntano ‘a Napule nun se po’ stà”!
Oggi, la tua città, ancora si inchina e ti applaude. E’ un “pubblico” fedele che ti ammira e ancora si emoziona. E sei, Toto’ il più grande protagonista che Napoli ha voluto omaggiare, con grande rispetto e gratitudine, in queste celebrazioni per i suoi 2500 anni della sua storia!
Così, al Palazzo Reale di Napoli, è stata inaugurata, ad ottobre, una mostra piuttosto “originale”: pochi cimeli o abiti di scena ma tanti pannelli e foto che raccontano la storia personale, dell’artista e dell’uomo, e tante immagini di film capolavoro e reportage d’archivio in cui sei tu, Totò, che parli e la tua voce risveglia in ogni cuore sentimenti di allegria e commozione.
Un controsenso? No. “I napoletani sono bravissimi nel passare dal riso al pianto”. Lo hai detto tu!
Avevi ragione. Non solo poesie ma anche canzoni.
Attore, poeta, compositore. Eredità della tua città. “I napoletani cantano per ubbidire allo spirito di conservazione. Il napoletano se non canta muore quindi, per logica conseguenza, finché canta non muore. È una cosa seria”.
Lo hai detto tu. Così, mentre si cammina tra le sale della mostra, si ascolta “Malafemmena” e si canta…con leggerezza. Perché questa canzone, così come la poesia “‘A livella” sono capolavori assoluti che non saranno mai “in bianco e nero”.
E poi ci sono alcune locandine di film ineguagliabili: Miseria e Nobiltà, Operazione San Gennaro, Totò Peppino e la malafemmena….
E il cuore riprende a divertirsi ripensando a Totò e Peppino a Milano, al “noio volevam savuar l’indiriz…”, a Felice Sciosciammocca e al fotografo squattrinato Pasquale, alla tarantella con gli spaghetti su un tavolo di legno, a “Vincenzo m’è pate a me”, a Dudu’ e al tesoro di San Gennaro…
Quanta “vera” Napoli hai saputo raccontare col sorriso, con l’ironia ma soprattutto con sentimento e passione. E Napoli ti ha ricambiato tutto questo amore quando te ne sei andato.
Era il 15 aprile del 1967 alle 3.25 di notte, avevi 69 anni. Avevi detto “Sto per morire, portatemi a Napoli”. E ti ci hanno portato qui.
Dopo il funerale a Roma, il corteo funebre è partito per Napoli dove più di 15.000 persone erano ad aspettarti fuori la Chiesa del Carmine.
Napoli si è stretta a te, un corpo solo, una “bombetta” sola come quella depositata amorevolmente sulla tua bara.
Le sale della mostra sono piene di foto di quel momento solenne, l’eco del reportage dei tg dell’epoca raccontano la grande commozione finché non ci si trova in una sala davanti ad una foto gigante di Nino Taranto il giorno del funerale mentre legge a lui l’ultimo saluto.
La voce commossa dell’attore, strozzata dalle lacrime saluta “l’amico Totò, maestro del buonumore” e lo restituisce in eterno alla sua gente. Gente che ha fatto tanto ridere e che ha fatto tanto piangere con la sua scomparsa.
Nino Taranto ripete affranto: “Addio Totò. Addio amico mio”. Ma si sbagliava. He never left.










