“Non è un conflitto, non può essere definito tale. Israele attacca e la Palestina incassa. Da un lato c’è un popolo che aggredisce e dall’altro uno che soccombe. Ma le atrocità a cui stiamo assistendo non devono, però, farci perdere la speranza”.
Si definisce ‘un costruttore di pace’ Raffaele Trito, scrittore di Boscoreale protagonista al Campania Libri Festival con ‘Abdallah Jaber. Od(d)io le barricate’ e ‘Mahmoud Jaber. Il mio Davide è senza stella’ di Garrincha Edizioni. Due opere letterarie tratte da una storia vera, che affrontano un tema attuale e complesso che sta cambiando inevitabilmente il mondo.
Oggi, 7 ottobre, nel giorno in cui ricorre l’anniversario dell’attacco di Hamas contro Israele, lasciamo che sia Raffaele a guidarci in un’analisi sentita e profonda sul genocidio palestinese. “Non nego che sia una data importante ma bisogna sottolineare, soprattutto oggi, che non è questa l’origine di quanto sta accadendo. Anche se è chiaro chi sia il nemico, non dobbiamo lasciare che sia l’odio a parlare per noi. Non deve essere questa la risposta. Credo in un futuro in cui queste due bandiere possano stare vicine, ma non solo territorialmente. Sogno di accendere la tv, magari tra vent’anni, e di vedere la firma di un accordo tra Israele e Palestina”.
Un messaggio di speranza messo nero su bianco nei suoi libri, in cui il calcio diventa uno strumento per veicolare un appello potente. “I fratelli Jaber nascono in una città araba e sono entrambi calciatori di origine musulmana. Si ritroveranno a giocare l’uno contro l’altro: uno con la nazionale palestinese, l’altro con quella israeliana. Quando si incontrano, accade qualcosa. Lo stadio sprofonda nel silenzio, nessuno fiata, finché dai tifosi si alza un coro. Urlano il loro cognome, l’unico elemento che ancora li unisce. A quel punto si abbracciano, si stringono forte. Ed è proprio in quell’abbraccio che io vedo la speranza”.