Nella chiesa di Santa Chiara, ogni 23 del mese una messa solenne in ricordo del vicebrigadiere dell’Arma dei Carabinieri
“Offri la vita tua come Maria ai piedi della croce e sarai servo di ogni uomo, servo per amore Sacerdote dell’umanità“
Mi viene in mente questo canto quando mi trovo, in silenzio, davanti la tomba di Salvo D’Acquisto in Santa Chiara a Napoli. Qui, sulla navata sinistra, c’è una piccola cappella dedicata ai figli di Napoli caduti in guerra. La sua tomba si trova in questa chiesa dal 1986 dopo essere stata a lungo conservata nel Sacrario Militare di Posillipo (Mausoleo Schilizzi) e reca l’onorificenza di Medaglia d’oro al valore militare accanto a quelle data di nascita e di morte che ci ricordano, con commozione, la sua giovane età: 23 anni (Napoli 1920- Policoro 1943).
Era un vicebrigadiere dell’Arma dei Carabinieri Salvo d’ Acquisto, Servo di Dio. A Santa Chiara, ogni 23 del mese si fa una messa solenne per ricordare l’atto eroico di un uomo che sacrificó la sua stessa vita per evitare l’uccisione di 22 persone da parte di militari tedeschi. A 23 anni fu capace di un atto di coraggio estremo divenendo un esempio universale di carità e amore.
Mi viene in mente un altro canto “Dov’è carità e amore lì c’è Dio” Se si legge un po’ la storia di Salvo Rosario Antonio D’Acquisto, si capisce da subito che era un giovane dall’animo nobile, compassionevole, pronto a difendere i fragili e gli indifesi. Un giovane timido con la forza spirituale di un Santo: “un martire della carità”. Pochi giorni fa, Papa Francesco, ha autorizzato il Dicastero delle cause dei Santi ad emanare un decreto per riconoscerene la posizione di venerabile per avviarne la beatificazione.
Nella cappella a Santa Chiara c’è un inginocchiatoio sul quale c’è una foto del giovane vicebrigadiere napoletano. Da quegli occhi l’eco del suo grido: “Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte: Dio è con me ed io non ho paura“. Lui proveniva da una famiglia profondamente cristiana e tutta la sua vita è stata guidata da quella fede profonda che lo ha portato poi a compiere quel gesto eroico riconosciuto anche da Papa Giovanni Paolo II che parlò di “vette della santità.
Quando sono in quella cappella, il mio cuore è spesso in subbuglio. Guardo con ammirazione il giovane vicebrigadiere. Immagino quei momenti drammatici, la sua paura. Mi sento stordita da quell’enorme coraggio e resto turbata difronte a quella domanda che è poi di tutti coloro che ne apprendono la storia: “Ma io, al suo posto, avrei fatto la stessa cosa? Avrei scelto di morire per salvare altre vite?”
E c’è silenzio.
Riflessione.
Sgomento.
Consapevolezza dei propri limiti.
Ascolto del sé.
Ascolto del mondo.
Richiesta di perdono.
Cambiamento.
Anche questo è un piccolo miracolo.
“Salvo”. Prima persona indicativo presente del verbo salvare:
Io Salvo TU salvi.
Quante vite hai continuato a salvare con il tuo esempio da questa piccola, silenziosa, cappella? Quante coscienze hai risvegliato? Quanta fede hai saputo infondere? Quante anime hai sottratto all’indifferenza? E sei rinato altre cento e cento volte. Avevi ragione TU, Salvo.
Servo di Dio
Beato.