Lungo la strada che s’inerpica verso il castello Marchionale, salendo per le colline ricoperte di vigneti si arriva in questo borgo che ha saputo intrecciare le sue migliori sorti al prezioso nettare che è il Taurasi.
Siamo nella rigogliosa Irpinia, terra di passaggio tra la Campania Felix e il Tavoliere delle Puglie, tra le montagne dei Lucani e quelle dei Sanniti, terra d’acque rigogliose, di verde intenso, di paesaggi incantevoli, terra di natura incontaminata, di pace, di silenzio che regna sovrano sopra uomini e cose. Qui tutto appare temperato e composto in un paesaggio dove lo sguardo può spaziare e fermarsi su borghi ora adagiati, ora arroccati. Boschi di querce, castagni e nocelleti, oliveti, frutteti e le vigne, quelle stesse vigne che trovano testimonianza già nei testi classici, che si snodano tra alberi da frutta e preludono ai grandi sentori dei vini.
Su una contrada dolcemente collinosa troviamo Taurasi, un luogo magico in cui prosperano i vigneti accarezzati dal vento, scaldati dal sole e nutriti da una terra che sa di vulcano, fine e profumata d’antico, una terra che grazie all’origine vulcanica del suolo, ricco di minerali, ed al clima particolarmente favorevole rappresenta senza dubbio l’eccellenza dell’enologia campana. Ed in questo contesto che incontro chi con coraggio, ambizione, onestà ed amore per questa terra ha scelto di ritornare alle origini senza se e senza ma, solo con la voglia di credere in un progetto ambizioso: Sandro Lonardo, patron dell’ Azienda “Contrade di Taurasi“, da secoli operante nel settore agricolo, negli ultimi tre decenni concentra ogni sforzo nella coltura tradizionale della vite e nella sperimentazione di cantina. Nel 1998 fonda il marchio “Contrade di Taurasi”, la cui filosofia aziendale si basa su specifici capi saldi quali l’utilizzo di materie prime provenienti esclusivamente dai vigneti aziendali, la sperimentazione di nuove tecniche di produzione rispettando, sempre e comunque, la tradizione e l’utilizzo di lieviti autoctoni che esaltino al massimo le caratteristiche organolettiche dei vini. Un gran bel progetto che porta avanti con le figlie ed il genero.
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Ampiamente dimostrato come l’aggiunta di lieviti selezionati nel mosto d’uva permetta un corretto avvio ed un adeguato prosieguo della fermentazione. La maggior parte delle piccole e medie industrie enologiche campane utilizzano lieviti commerciali di origine alloctona che non imprimono caratteri di tipicità agli aromi di fermentazione. Pertanto dal 2003 Sandro con la collaborazione di tecnici specializzati ha avviato una ricerca sui lieviti autoctoni irpini al fine di utilizzarli nella fermentazione al posto di quelli alloctoni commerciali. I primi test hanno dato risultati eccellenti tali da imporre all’Azienda, dalla vendemmia 2005, l’utilizzo esclusivo di lieviti autoctoni che conferivano al prodotto finale dettagli di gran prestigio. Vitigno principale è l’Aglianico, che dà origine all’Irpinia Aglianico D.O.P., al Taurasi D.O.C.G. ed al Taurasi Riserva D.O.C.G.
Dal 2007, l’azienda, però, produce una linea, in un numero limitato di bottiglie, costituita da due cru: il Vigne d’Alto Taurasi ed il Coste Taurasi. Il primo, proviene dalla zona Case d’Alto, un pianoro aperto e piuttosto ventoso: qui troviamo quasi un metro di cenere vulcanica, non siamo su tufo ma si tratta di ceneri stratificate. Qui la terra è leggerissima: il risultato un rubino intenso e vivo, toni scuri e morbidi del legno, al naso emergono radici amare, una lieve vena vegetale, balsamica; in bocca si percepisce il tratto severo dei tannini, corpo robusto ma longilineo, si coordina bene con la spiccata parte acida.
Il secondo cru, proviene da un pendio, la zona Coste, sul fiume Calore. Qui il terreno è argilloso, compatto, con elementi calcarei e ciottoli di fiume, meno esposta ai venti e più protetta, con un maggiore tasso di umidità. Il risultato è un rubino cupo con tratti viola e granato, maturo, rispetto al Vigne d’Alto. S’intuisce una maggiore inquietudine, è come se fosse ancora più in divenire rispetto all’altro, nonostante si avverta una morbidezza più immediata. In bocca la percezione è piena, meno disciplinato rispetto all’altro cru.
Ma fiore all’occhiello dell’Azienda è il Grecomusc’, che merita un discorso a parte. Vitigno autoctono (il Roviello Bianco) sopravvive in ceppi sparsi nei vigneti dell’areale taurasino. Ed ha una sua storia particolare, che il patron Sandro Lonardo ci racconta: “Da noi si produceva solo rosso, però ogni contadino aveva una piccola quantità di uve bianche, miste, tra queste Il Grecomusc’ che si riproduceva solo per talee. Quando sono arrivate le DOCG Greco di Tufo e Fiano di Avellino hanno soppiantato tutto il resto. Io, però, conoscevo questo vitigno perché in passato producevamo un greco con percentuali di Grecomusc’. Quando assaggiavo il greco in purezza e poi il taglio, quest’ultimo impressionava, era buonissimo. Non appena ci siamo accorti dell’estinzione di questo vitigno, feci una ricognizione nella zona per capire dove si trovasse. Individuai, così, una decina di produttori che lo avevano e iniziai a comprarne l’uva. Per convincerli feci loro una proposta molto buona e da lì iniziò la mia avventura con il Grecomusc, fatta di impegno studio e caparbietà, riuscendo dopo anni di prove e selezioni, a produrre un vino assolutamente unico e dal carattere inconfondibile, che rispecchia a pieno la filosofia produttiva dell’azienda e dei suoi tecnici. Produrre vini che esprimono appieno il territorio”.
“Contrade di Taurasi” una sfida di cuore, una realtà fatta persone che ancora sognano.