Un taglio deciso dei lacci burocratici che caratterizzano il settore vitivinicolo. E’ quanto auspicano i produttori campani che attendono cambiamenti sostanziali dalla nuova legge nazionale sul vino che entrerà in vigore il 12 gennaio 2017.
Il vino rappresenta un prodotto cardine per il sistema agroalimentare regionale, anche al di là dei numeri, traducendosi spesso nel primo ambasciatore del territorio sui mercati nazionali e internazionali.
“Tra le principali innovazioni – ricorda Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania e vicepresidente nazionale – ci sono le semplificazioni per le comunicazioni da effettuare all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) in merito alla planimetria dei locali degli stabilimenti enologici. Si prevede poi la facoltà per i vini DOP ed IGP di poter apporre in etichetta la denominazione di qualità, purché autorizzati dal Mipaaf d’intesa con la Regione competente e si ribadisce che solo le denominazioni di origine possono prevedere l’indicazione di sottozone, oltre alla coesistenza di più DOCG e/o DOC o IGT nell’ambito del medesimo territorio. Inoltre è stato ridotto da dieci a sette anni l’arco temporale entro il quale un vino DOC può richiedere il riconoscimento DOCG e da quattro a tre le campagne necessarie alla richiesta di cancellazione della protezione qualora le DOP e IGP non siano state rivendicate o certificate. La burocrazia – sottolinea Masiello – è considerata dai vitivinicoltori il principale ostacolo al loro lavoro. Dal vigneto alla bottiglia fino ad oggi è necessario adempiere a più di 70 pratiche che coinvolgono 20 diversi soggetti, con 100 giornate di lavoro che oggi ogni impresa vitivinicola è costretta ad effettuare per soddisfare le 4mila pagine di normativa che regolamentano il settore”.
Sugli effetti della nuova Legge e sui dati della produzione 2016 si è tenuto di recente ad Avellino un momento di confronto tecnico tra il direttore regionale di Coldiretti Salvatore Loffreda e Piero Mastroberardino, erede della più antica casa vinicola della Campania e docente ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all’Università degli Studi di Foggia.
“Ritengo apprezzabile lo sforzo fatto – ha spiegato il professore Mastroberardino – per dare un segnale di razionalizzazione normativa per il settore, considerato che per anni abbiamo lamentato un disagio enorme per la continua proliferazione di norme spesso persino in contrasto tra loro. Penso che uno degli elementi cardine di questo progetto di riforma sia il riconoscimento che la vite ed il vino sono parte del patrimonio culturale italiano. Questo è un dato importante per sottolineare la straordinaria rilevanza della filiera non solo sotto il profilo economico per il nostro Paese. Non posso tuttavia negare che le aspettative di noi produttori sotto il profilo della semplificazione burocratica fossero maggiori. Molti istituti del nostro ordinamento specifico restano ridondanti e molte inefficienze ancora si annidano nelle pieghe di una filiera così complessa e ramificata. È chiaro che il testo è frutto di un compromesso tra diverse istanze e prospettive, dunque in ogni caso un passo in avanti rispetto alla situazione precedente. Tuttavia un riconoscimento di maggiore responsabilità e capacità nei confronti dei produttori soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione delle varie fasi della filiera sarebbe stato un segnale giusto e coerente”.
In Campania la produzione di vino si attesta nel 2016 (dati Istat) a 1.290.000 di ettolitri, con un calo del 20% rispetto al 2015 ma una qualità invariata. “I produttori della nostra Regione – commenta Mastroberardino – proseguono nel proprio sforzo di promozione e valorizzazione. Nonostante ciò, e malgrado i riconoscimenti che i vini campani raccolgono sia in Italia che all’estero, permane una condizione di difficoltà nell’invertire la tendenza dell’immagine complessiva della Campania, che in questi anni ha patito a causa di fenomeni distinti e distanti dal mondo del vino. Per questa ragione abbiamo richiesto ripetutamente alla parte istituzionale un forte impegno nel varo di un piano di comunicazione che ponga al centro proprio la filiera vino, per creare sinergia con gli sforzi di promozione che le imprese sostengono quotidianamente con proprie risorse. Auspico che tale appello possa trovare ascolto, finalmente, sia a livello regionale, sia presso il sistema camerale, in modo da riequilibrare almeno gli investimenti in comunicazione che tante altre regioni italiane mettono in campo ogni anno a sostegno dei propri vini e delle proprie denominazioni”.