
In scena al Teatro Sannazaro dal 31 gennaio
In scena da venerdì 31 gennaio alle 21.00, “2084 – L’anno in cui bruciammo chrome”
di Marcello Cotugno porta al Teatro Sannazaro di Napoli uno sguardo su un futuro
prossimo, distopico e inquietante: un futuro in cui l’ascesa economica della Cina ha
ribaltato i rapporti di forza sullo scenario globale e in cui Napoli, come le altre città
occidentali, è stata colonizzata dall’egemonia economica e culturale cinese.
Dopo il debutto in Sala Assoli nel luglio 2022 nell’ambito del Campania Teatro
Festival, il testo di Cotugno – che firma anche regia, progettazione video e colonna
sonora – dischiude una visione fantascientifica (ma non troppo) che trova echi in
un’attualità già caratterizzata da una crescente tensione tra Cina e Occidente per il
controllo della cultura e dei mercati. Il 2084, anno in cui si svolge l’azione, ci sembra
dunque spaventosamente vicino. Nella visione di Cotugno, la Cina ha non solo
espanso la propria influenza economica, ma anche esportato il proprio sistema di
controllo sociale. Una sola applicazione regola le vite delle persone: un unico
ecosistema digitale, che raccoglie diversi social, consente l’accesso a ogni tipo di
servizio e pagamento. La vita della collettività è disciplinata dai crediti sociali: ogni
azione dei cittadini è controllata dal governo che assegna loro un punteggio, in base
al quale ne stabilisce l’affidabilità. Il denaro contante non esiste più, le transazioni
vengono fatte principalmente in π (PiGreco), una delle principali criptovalute in
circolazione. Il lavoro – che si è evoluto quasi del tutto in modalità smart,
accentuando la capillarizzazione delle competenze e il disgregamento sociale – è
l’unica vera ragion d’essere delle persone. Gli NFT (oggetti digitali con un codice
identificativo univoco) hanno del tutto sostituito le arti figurative e plastiche. Il
metaverso è diventato l’unico possibile orizzonte di relazione e rappresentazione,
dove vivere esperienze altrimenti irrealizzabili.
Pedine di un sistema che li monitora e li gestisce, dietro la promessa di un benessere
che mira a ottunderne le coscienze, agli individui – come la famiglia Donati, i
protagonisti della pièce – resta un margine ristrettissimo di libertà. Un margine,
forse, appena sufficiente ad esercitare l’unica scelta possibile per sottrarsi al
controllo: autodistruggersi per distruggere il sistema.
In scena: Francesco Maria Cordella, tra gli storici attori dell’Arlecchino di Strehler,
Nadia Carlomagno, che vanta collaborazioni con registi come Leo De Berardinis e
Alfonso Santagata, e i giovani e talentuosi Graziano Purgante, Sveva De Marinis,
Arianna Cremona e Onorina Della Rocca. Nel cast, anche Paolo De Vita, reduce dal
successo della serie Disney Qui non è Hollywood. Le scene sono firmate da Assunta
La Corte, i costumi da Irma Ciaramella, le luci ideate da Pasquale Mari, la
progettazione grafica e video da Francesco Domenico D’Auria, le coreografie da
Valeria Apicella e l’aiuto regia e la collaborazione alla drammaturgia da Marta Finocchiaro e Arianna Cremona. La produzione è del teatro Sannazaro con la
collaborazione di ACTS e del Master in Arti Performative Teatro Pedagogia e
Didattica dell’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Per la prima volta in Italia, a uno spettacolo teatrale è abbinata una collezione di
NFT, disegnati dal regista e acquistabili all’indirizzo: https://opensea.io/Izar_65
Il 1° febbraio al Teatro Sannazaro, alle ore 12, si terrà inoltre la presentazione del
volume Nel modo più assoluto, no che raccoglie la trilogia di Marcello Cotugno sulla
famiglia. L’introduzione del libro è stata curata da Neil LaBute, noto drammaturgo e
regista americano le cui opere Cotugno ha più volte portato in scena.
Sinossi
L’ambiente principale della storia è un appartamento piccolo borghese, ordinato e
minimale. Il colore dominante è il bianco, simbolo del rigore delle regole imposte dal
sistema. Qui vive la famiglia Donati. Perseo e Atria, lavoratori precari, cercano, con
l’aiuto dello Stato, di emergere dalla soglia di povertà, traguardo il cui
raggiungimento è incentivato dal governo in tutti i modi possibili. Hanno due figli:
Alhena, ventidue anni, e Izàr, ventisette. Izàr vive rinchiuso nella sua stanza. Dopo la
laurea in ingegneria informatica ha lavorato per un paio d’anni in un’azienda ma,
dopo essere rimasto coinvolto in un episodio di cyber-criminalità ai danni di un
Ministero, è stato arrestato. Scontata la pena, sembra non essersi mai del tutto
ripreso psicologicamente: vive da hikikomori nel metaverso, alienato dalla società e
lontano dalla famiglia, con la quale, sebbene conviva nella stessa casa, non ha
rapporti. In rete incontra Xe, una ragazza di cui si innamora. Alhena, sorella di Izàr,
studia criogenetica all’università. Si paga gli studi lavorando come creatrice di
contenuti su una applicazione che le consente, attraverso un programma di modifica
del viso e della voce, di apparire molto più vicina agli standard di bellezza apprezzati
dal suo pubblico. Insoddisfatta del proprio reale aspetto, sogna di modificarlo
radicalmente e di poter vivere lontano dalla famiglia. Il quotidiano dei Donati è
scandito da una comunicazione meramente funzionale e da nessuna reale
condivisione: il poco tempo, lo stress, l’ansia per la condizione lavorativa precaria e
per le poche risorse economiche non lasciano spazio a un contatto più profondo. Un
Quadro statale, corrotto e senza scrupoli, si offre di aiutarli a migliorare la loro
posizione economica, proponendogli un lavoro stabile: Atria come data-tagger,
destinata a inserire descrizioni di foto e video per il metaverso, Perseo come
«spazzino di internet», anello più basso di un sistema concepito per cancellare dalla
rete errori, fake news e contenuti soggetti a censura. Ma cosa chiederà in cambio?
NOTE DELL’AUTORE E REGISTA
2084 può considerarsi come il capitolo conclusivo di una ideale trilogia sul futuro e
sulla famiglia, due temi che ho iniziato a esplorare sin dall’anno 2000.
In quell’anno, scrissi e diressi Anatomia della morte di… (vincitore del premio “7
spettacoli per un nuovo teatro per il 2000”, indetto da Mario Martone, allora
direttore del Teatro Argentina di Roma), un testo che analizzava il disagio di un
giovane uomo, suicida a causa del conflitto con i genitori e la società alle soglie del
terzo millennio. La tecnologia, in Anatomia… era presente con due megaschermi
collegati per tutta la durata dello spettacolo (con tecnologia ISDN), e rappresentava
un ulteriore personaggio sulla scena, importante al pari degli attori protagonisti e
cruciale negli snodi della storia. Molti anni dopo, nel 2017, con Liquido, ho
affrontato lo stesso tema dal punto di vista dei padri, immaginando una famiglia in
cui fosse il padre ad abbandonare le figlie, colpevoli di aver contribuito, col loro
cinismo, a rovinargli la vita. Deus ex machina tecnologico, una apparentemente
miracolosa terapia riabilitativa simile a quella, di origine militare, chiamata
deprivazione sensoriale.
Con 2084 la mia ricerca ha assunto una nuova forma. Il progetto è nato come
evoluzione del percorso di ricerca avviato da qualche anno nel Master in
“Teatro Pedagogia e didattica. Metodi, tecniche e pratiche delle arti sceniche”
dell’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, diretto da Nadia
Carlomagno. Partendo dall’ispirazione del titolo mutuata da Orwell, la mia scrittura
si è nutrita di letture e visioni di un futuro sempre più presente, segnato
dall’egemonia non solo economica, ma anche culturale della Cina.
Libri come Il problema dei tre corpi di Liu Cixin, Red Mirror di Simone Pieranni, Snow
Crash di Neal Stephenson (dove per la prima volta compare il termine “metaverso”)
o i documentari Stay Awesome China! di Winston SerpentZA Sterzel, 24 City di
Jia Zhangkee, sono stati una finestra su un mondo, quello cinese, pieno di
contraddizioni e di fascino. Da questo è nato un azzardo narrativo, 2084, che gioca
con i codici della fantascienza per provare a raccontare in che mondo potremmo
vivere tra soli sessant’anni.
Nel testo, l’Occidente è stato colonizzato culturalmente dalla Cina, i termini di uso
comune mutuati dall’inglese sono stati sostituti da analoghi cinesi, lo Stato impone
un controllo massiccio sugli individui, il metaverso è l’unico orizzonte in cui si
possono vivere esperienze “autentiche”, perché la realtà è segnata soltanto
dall’alienazione.
In questo scenario, la disumanizzazione della società fa da sfondo alle tensioni
familiari: Perseo, Atria e i loro due figli, Izàr e Alhena (nomi di quattro stelle), si
dimenano in questo ecosistema che a tratti ci appare familiare e a tratti distopico e
incomprensibile, cercando ognuno un senso e una direzione alla propria vita in
bilico. Nel passaggio dall’approccio relazionale delle scene nell’interno familiare a quello
brechtiano dei monologhi-racconto dei protagonisti, per poi arrivare fino a una
dimensione concettuale e astratta, lo spettacolo cerca di fondere registri e stili
differenti. La tecnologia, che manifesta la propria invasiva presenza anche e
soprattutto attraverso le proiezioni del metaverso, è pensata come elemento che
non mette in discussione, ma si integra in maniera organica con la natura teatrale
del progetto, contaminandola in una nuova e contemporanea sintesi di linguaggi
narrativi.
Anche la ricerca musicale è di fondamentale importanza nella costruzione della
narrazione: la colonna sonora utilizza esclusivamente band e musicisti cinesi e
asiatici, da Omnipotent Youth Society, un gruppo cult di Qinhuangdao (la città dove,
dal mare, sorge la muraglia cinese) a Dj Desa e Isky Riveld, DJ indonesiani autori di
funkot, musica dance che ha radici nelle discoteche degli anni ’70, per finire a Dj TIK
TOK, nomen omen.
2084 si rivolge anche a un pubblico di giovanissimi, non solo attraverso la
rappresentazione dei social e del gaming come parti integranti della vita dei
protagonisti, o attraverso la riflessione su fenomeni sempre più presenti nel nostro
presente, come la dipendenza digitale, le criptovalute, l’intelligenza artificiale, gli
NFT, ma anche affiancando nuovi linguaggi ai codici teatrali tradizionali, nella
consapevolezza che il teatro è un’arte viva, che può e deve trasformarsi al passo con
una società che cambia.
Calendario repliche
venerdì 31 gennaio ore 21.00
sabato 1° febbraio ore 19.00
domenica 2 febbraio ore 18.00