Il libro edito da Homo Scrivens
Al grido di “Una risata vi seppellirà… o vi aiuterà a trovare l’assassino”, lo scrittore Lello Marangio torna in libreria il prossimo 9 settembre con Pagine Gialle, una raccolta di racconti di genere giallo edita da Homo Scrivens nella collana Direzioni immaginarie, nei quali s’indaga, si raccolgono indizi e si muore. Sì, dal ridere.
Dopo il successo di Al mio segnale scatenate l’infermo e Una lunghissima giornata di merda, l’autore – fresco vincitore del premio Massimo Troisi per la migliore scrittura comica con l’antologia Il mercatino di Roccagioiosa – l’autore continua a cimentarsi con la narrazione breve e, stavolta, strizza l’occhio ai grandi investigatori del passato, come Maigret e Sherlock Holmes, facendo loro il verso.
Un libro che ha conquistato il giallista Maurizio de Giovanni. Il padre del commissario Ricciardi e dell’ispettore Loiacono ha realizzato il claim del volume che sarà presente in tutte le librerie e negli store online a partire dal prossimo 9 settembre.
Altro testimonial d’eccezione è Francesco Paolantoni che ha dichiarato: «Una risata sconfigge ogni male, e Marangio, da grande umorista, è uno dei migliori medici in circolazione».
Sette improbabili commissari; sette paradossali crimini; sette folli indagini poliziesche. Lello Marangio ci porta ai confini tra giallo e commedia, là dove il divertimento si mescola all’efferato omicidio.
Un libro di cui Sherlock Holmes ha detto: «Nella mia lunga carriera di detective ho visto mille modi di morire, ma mai avrei pensato che si potesse morire dal ridere».
Attenzione. Vi scongiuro, non leggete questo libro. Anzi cercate di dissuadere tutti quelli che vedrete con il volume in mano, incerti se comprarlo o leggerlo a scrocco in libreria. Nascondete le copie, fatele sparire. Siamo in tanti ad averci messo anni a convincere i lettori che il crimine è una cosa seria, che fa paura e che deve terrorizzare: se leggono queste dannate pagine di quella spia di Marangio, scoprono che può far sbellicare dalle risate. Non sia mai. (Maurizio de Giovanni)
Dall’incipit: «Sono della Polizia, sono il Commissario…» e via con il nome del rappresentante delle Forze dell’Ordine giunto sul posto per risolvere il caso. Una folla di curiosi tutta intorno, la vittima intera o pezzi di vittima o più vittime distese, pendenti o accasciate senza vita da qualche parte, un gruppo di persone in tuta bianca che prelevano reperti all’interno di una zona già delimitata con il nastro giallo scuro della “restricted area”, insomma la classica scena del delitto condita di sangue a go go e, a scelta, coltelli, veleni, pistole, martelli, seghe o attrezzi vari, accessori minimi e obbligatori quando si vuole parlare di un delitto fatto per bene, che si rispetti. A dipanare il mistero poi ci pensa lui, immancabile, il Commissario di turno, che arriva strategicamente quasi sempre per ultimo in maniera da sfilare languido come farebbe un modello di Armani davanti al suo pubblico. Egocentrico, si fa avanti lento, mostrandosi bene, quasi al ralenti, e sicuro di sé entra in scena plastico ed elastico buttando un occhio qui e uno là, con modi affettati, quasi a preoccuparsi più dello stile che degli indizi sparsi ovunque. Fateci caso, da anni ormai è in atto una vera e propria invasione di Commissari, ne siamo subissati.