In libreria una raccolta di racconti scritti dall’avvocato campano Nicola Guarino, docente alla Sorbona
Napoli e Parigi. Due città distanti eppure tanto vicine. Entrambe città dell’amore, pur se in modo diverso; entrambe splendide quinte della storia, dal sapore baroccheggiante la prima e dalle linee illuministe la seconda; entrambe accomunate dalle maschere di Pulcinella e Pierrot. Parigi nel tempo si è consolidata come uno dei centri mondiali più rilevanti a livello sia economico che culturale, mentre Napoli, nella cornice del suo iconico golfo, ha perso un po’ di smalto, senza, tuttavia, arrendersi. C’è, ora, un nuovo filo che unisce Parigi e Napoli: la raccolta di racconti Tutto qui, testi nati dalla penna di Nicola Guarino e in libreria per Graphe.it (256 pagine, euro 15.90 – anche in eBook).
Del resto l’autore stesso unisce in sé anima campana e anima francese: nato ad Avellino, cresciuto a Napoli, laureatosi in Giurisprudenza alla Federico II, collaboratore de l’Unità e di Paese Sera, impiegato all’ippodromo di Agnano, attualmente vive a Parigi dove insegna lingua italiana all’Università della Sorbona e a Créteil Paris.
Tutto qui
Tutto qui, dicevamo. Cuore della raccolta, che si legge come un romanzo, è la complessità e la pluralità delle vite umane. I protagonisti sono uomini e donne insoddisfatti, statici, che vivono vite modeste, sono poco decisi sulle proprie scelte o provano rimorso per quelle già compiute e rimpianto per quelle rimandate.
Alcune sono storie dell’assurdo, come Soffitti, in cui il protagonista sa fin dall’inizio che morirà (“Federico si sedette sul letto, in mutande. E proprio in quel momento ebbe la chiara percezione che quella sarebbe stata la sua ultima notte di vita”) e a fine racconto viene trovato il suo cadavere e sul soffitto – parabola di una vita soffocante e arida – si proietta un’ombra molto simile a lui.
In Morire, dormire, forse sognare il protagonista si ritrova in una sorta di limbo, dopo un probabile attentato terroristico: lì incontra i suoi genitori, la sorella e altri parenti deceduti prima di lui con i quali può passare il resto della sua “non-vita”, o può decidere di risvegliarsi e tornare fra i vivi.
Bizzarri i finali di Tutto qui e L’amico dei sogni; nel primo il protagonista incontra un vecchio amico del fratello, morto da tempo, su cui però sembra soffermarsi un mistero, un non detto che incuriosisce il lettore; nel secondo, invece, realtà e sogno si mescolano disorientando a tal punto il protagonista da fargli uccidere un collega rivale con una pistola uscita direttamente dalle sue visioni oniriche – o chissà, comprata proprio per l’occasione e nascosta persino al lettore.
La felicità ricorda un tipico racconto di inizio Novecento: una giovane europea vuole sposare un americano divorziato, più grande di lei per giunta, e la sua famiglia la minaccia di non rivolgerle più la parola, se porterà a compimento il suo proposito. Come altri personaggi della raccolta, anche lei dimostrerà di non avere, in fondo, coraggio e rinuncerà al matrimonio.
Mazzola, Timoteo e Pagine napoletane del terzo millennio sono invece accumunati dalla medesima atmosfera realistica di certi romanzi sul Meridione italiano: dialoghi in dialetto, segreti familiari, descrizioni precise e suggestive di Napoli e della vastità umana che caratterizza la città. I protagonisti di Mazzola sono tre vecchi amici che lavoravano all’ippodromo e che, dopo alcuni anni, tornano a parlare di un ragazzo semplice e ingenuo, Mazzola appunto, che aveva lavorato con loro per qualche mese. Timoteo è invece il protagonista dell’ultimo racconto, un quarantenne napoletano, mai realizzatosi nella vita, che a Parigi scopre la vera identità di suo padre.
La città partenopea è la protagonista di Pagine napoletane del terzo millennio, un interessante scorcio sulla storia, gli artisti, il cinema e la teatralità di Napoli, vista con gli occhi di chi le è stato lontano per molto tempo – e che a Parigi soffriva di napoletanitudine: “Intorno case con muri dipinti, scrostati e ridipinti mille volte e balconi aperti sempre, perché qui si soffoca, sulla vita propria e su quella degli altri. I napoletani non si adattano a tutto, ma tutto si adatta ai napoletani, e così anche nei tempi degli smartphone e dei tablet troverete persone in canottiera fuori dal balcone, magari con l’iPhone in una mano e nell’altra la fune di un vecchio paniere sospeso che attende notizie dal droghiere di sotto”.