Felicità e benessere ‘hic et ubique’, ‘qui e ovunque’. Il classico augurio latino di prosperità, che ha attraversato i secoli ed è stato utilizzato anche da Shakespeare, riemerge a Pompei: è stato pubblicato sull’E-Journal degli scavi un nuovo articolo di approfondimento su alcuni dei recenti rinvenimenti dal cantiere della Regio IX, insula 10, dove sono in corso indagini archeologiche nell’ambito della più ampia attività di tutela e messa in sicurezza e di miglioramento dell’assetto idrogeologico dei fronti di scavo. Sono stati analizzati i numerosi graffiti rinvenuti nel ‘salone nero’ e in alcuni ambienti vicini, di recente portati in luce, da cui emergono numerose le tracce di vita vissuta.
Si tratta di iscrizioni graffite, di firme autografe di persone che attraversarono quei luoghi e lasciarono traccia della loro presenza. Oltre ai nomi dipinti (in greco) accanto alle rappresentazioni di Elena e Paride, compare quello ‘graffiato’ di un tale Pudens; quello calligrafico di un Vesbinus, e, ancora, quello rozzamente segnato da un Valerius, mentre ad un Silvanus doveva essere indirizzato un saluto; ci sono, poi, tracce anche di un/una Modest- (Modestus? Modesta?). C’è poi un saluto, perché qualcuno aveva augurato, forse ai padroni della casa, felicità e benessere ‘hic et ubique’. ‘Hic et ubique’, ‘qui e ovunque’, è un’espressione formulare che è nota quasi esclusivamente dalle pareti pompeiane e che solcherà i secoli, mettendo Pompei in connessione con Shakespeare, con il tramite della preghiera liturgica. Con un hic et ubique, infatti, inizia la battuta che pronuncerà l’Amleto shakespeariano rivolgendosi all’onnipresente fantasma del padre.
Questo è quanto emerge nella lettura e interpretazione degli autori dell’approfondimento, Maria Chiara Scappaticcio, docente ordinario di lingua e letteratura latina all’Università Federico II di Napoli e Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco archeologico di Pompei.