Con la riapertura della Casa dei Ceii e della “villa urbana” di Giulia Felice si conclude il complesso cantiere GPP Coperture che, in tre anni, ha permesso di riqualificare le coperture di cinque tra le più importanti domus pompeiane; nel dicembre scorso, infatti, si erano conclusi i lavori della casa del Triclinio all’aperto, della domus del Larario Fiorito e del complesso di domus con botteghe.
Una serie di iscrizioni lette sulla facciata esterna della Casa dei Ceii ha permesso di attribuirne l’ultima fase abitativa a Lucius Ceius Secundus, edile nel 76 d.C. e candidato alla carica di Duoviro due anni dopo; se corretta, l’ipotesi ricondurrebbe a quella fase di grande mobilità sociale che caratterizzò Pompei dopo il terremoto del 62 d.C. e che portò la gens dei Ceii, di antica origine osca ma fino ad allora non appartenente all’élite pompeiana, a ricoprire alte cariche pubbliche.
L’abitazione, tuttavia, non rientra nel tipo della domus aristocratica, il cui possesso era considerato necessario per accedere alla carriera politica, ma si attesta, piuttosto, come una casa di livello medio del II secolo a.C.
La facciata della domus risulta improntata ad una certa severità con riquadri di stucco bianchi e alto portale coronato da capitelli cubici e raffinata cornice a dentelli. Il corridoio di accesso conserva ancora il calco del portone originale e immette nell’atrio tetrastilo dove le quattro colonne rivestite di stucco sorreggono il portico dell’atrio e incorniciano la vasca dell’impluvio realizzata con frammenti di anfore disposte di taglio secondo una tecnica diffusa in Grecia e che a Pompei è solo presente qui e nella domus della Caccia Antica.
Un prezioso tavolo di marmo con piedi leonini e una raffinata vera di pozzo sono stati ricollocati nella loro sede originaria, accanto alla vasca dell’impluvio dove è anche visibile, lì vicino, il calco di un armadio di legno. Una parete a graticcio scherma alla vista la piccola scala in muratura e legno che permetteva l’accesso agli ambienti del piano superiore.
Torna visibile anche la grande scena di caccia con animali selvatici ed esotici che orna la parete di fondo del cosiddetto giardino; qui, lo sguardo del visitatore si perde tra paesaggi egittizzanti popolati da pigmei e animali del Delta del Nilo, soggetti che spesso ricorrono in altre domus pompeiane per creare un’illusione prospettica e per aprire gli spazi verso uno scenario idilliaco sacrale.
Probabilmente, il tema delle pitture testimoniava il legame e un interesse specifico del proprietario con il Collegio degli Isiaci e con il mondo egizio, moda particolarmente diffusa a Pompei negli ultimi anni di vita della città. Il grande affresco sarà presto oggetto di un intervento di restauro che sarà eseguito sotto gli occhi del pubblico.
Se la Casa dei Ceii era chiusa da quasi tre anni, il complesso dei Praedia di Giulia Felice è stato chiuso solo per un anno e mezzo ma la sua riapertura al pubblico è comunque un evento da inserire nell’itinerario di visita della città.
Il vasto complesso sorse alla fine del I secolo a.C. con l’accorpamento di costruzioni preesistenti e si presenta come una vera e propria villa urbana organizzata intorno al grande giardino ornato dal lungo euripo e in cui un bellissimo porticato con pilastrini di marmo disimpegna gli ambienti di rappresentanza.
Dopo il terremoto del 62 d.C. la grande residenza fu interessata da un rinnovamento unitario voluto dalla sua proprietaria, Giulia Felice, che decise di locare parte della proprietà con tanto di annuncio dipinto sulla facciata di Via dell’Abbondanza e oggi conservato al Museo Archeologico di Napoli: In praedis Iuliae Sp.f. Felicis locantur balneum, venerium et nongentum, tabernae, pergulae, cenacula ex idibus Aug(ustis) in idus Aug(ustas) sextas, annos continuos quinque S(i) Q(uinquennium) D(ecurrerit) L(ocatio) E(rit) N(udo) C(onsensu).
Il testo, che menziona la proprietaria, forse discendente da un ramo di liberti imperiali, allude alla durata del contratto d’affitto: per cinque anni con inizio e scadenza al primo agosto, ma, soprattutto descrive i locali termali e le sale per banchetti e per la mescita di cibo e bevande che ancora oggi si possono vedere lungo Via dell’Abbondanza, parte della grande residenza.
Due residenze pompeiane che è stato possibile riaprire alla conclusione di un complesso cantiere che ha anche compreso la demolizione di molti solai in calcestruzzo armato che erano stati costruiti durante i restauri di metà Novecento.
In queste domus, infatti, la sostituzione dei solai e delle solette di calcestruzzo armato si è resa necessaria per il loro degrado e soprattutto per il loro peso eccessivo sulle pareti sottostanti; sono stati rimossi e sostituiti con solai piani di legno di castagno e di larice che, riprendendo le tipologie attestate anche da recenti ritrovamenti di solai carbonizzati in altre aree del sito (per esempio nei recenti scavi della villa rustica di Civita Giuliana), permettono di suggerire la tipologia del solaio originario e di conseguire, al tempo stesso, una soluzione di alta qualità formale e degna degli ambienti sottostanti.
Altri interventi novecenteschi nelle stesse domus avevano comportato la realizzazione di coperture a falda inclinata con tegole posate su travi e travetti di calcestruzzo armato (atrio della domus dei Ceii, porticato occidentale del giardino e copertura del triclinio della taberna del cortile di Via dell’Abbondanza dei Praedia) la cui rimozione avrebbe comportato ulteriori sacrifici delle murature antiche; per questo motivo, e considerandoli invece interventi ormai storicizzati, sono stati rinforzati con fasce di fibra di carbonio che ne hanno consentito la conservazione quale testimonianza dei restauri della prima metà del Novecento.
Nel cosiddetto giardino della domus dei Ceii, affrescato con le pitture del IV Stile, è stato necessario intervenire sulla copertura “provvisoria” dello stesso ambiente; negli anni Settanta-Ottanta, infatti, il giardino era stato coperto con una inestetica lamiera ondulata metallica; l’impossibilità di eliminare questa struttura senza causare gravi danni alle pareti affrescate sottostanti ne ha determinato la conservazione ma con interventi di riordino e rinforzo e, soprattutto, con la realizzazione di un nuovo manto di lastre di policarbonato bianco opale che, proteggendo gli affreschi dai raggi solari ultravioletti, ne migliorano la fruizione con un’ottima diffusione della luce naturale.
Un cantiere lungo e difficile che ha interessato alcune tra le domus più significative di Pompei la cui situazione di degrado aveva mosso anche l’Unesco a segnalare la situazione di pericolo di perdita del bene e che con l’impegno e la passione dei Funzionari e della Segreteria Tecnica del Parco Archeologico, dell’Impresa esecutrice (Edilcostruzioni Group), del personale di Ales e dell’Unità Grande Progetto, è stato possibile portare a termine restituendo ai visitatori di Pompei la possibilità di godere degli ambienti domestici di alcune delle sue domus più belle.