Una storia fatta di devozione e fede, ma anche di pregiudizio e incredulità
San Gennaro e Napoli sono le due facce della stessa medaglia: San Gennaro non esisterebbe senza Napoli e Napoli non esisterebbe senza il suo Santo Protettore. Per molti rappresenta un’ancora di salvezza alla quale aggrapparsi, per altri è quasi un amico (ricordate la celebre scenetta tra Massimo Trosi e Lello Arena, con il primo che si rivolgeva al santo chiamandolo “Gennà”), per altri è bonariamente “Faccia gialla” come lo etichettano i partenopei veraci rifacendosi al colore bronzeo del volto della statua portata in processione.
Recentemente si è contato che sono oltre 25 i milioni di devoti sparsi in tutto il mondo. Raccontare la storia di San Gennaro equivale a ripercorrere la storia di Napoli e del suo popolo, fatta di devozione e fede, ma anche di pregiudizio e incredulità.
La storia di San Gennaro è anche quella di un leggendario tesoro d’arte orafa formatosi lungo sette secoli di storia grazie a donazioni di papi, imperatori, re, aristocratici, ma anche di un popolo che affidava alla sua protezione la propria vita. Oggi esposto presso il Museo del Tesoro di San Gennaro a Napoli e che custodisce 21.612 ex voto, gioielli, monili preziosi offerti al santo per ingraziarselo.
Il Santo nato a Benevento. Una storia quella di San Gennaro che fonda realtà e leggende popolari. La tradizione vuole che il santo nacque probabilmente nel 272 d.C. a Benevento, città di cui diventerà Vescovo. Trova riscontro nei documenti invece la data di morte, avvenuta nel 305 d.C.. Le testimonianze dell’epoca riportano che il Santo si stava recando a Miseno ad assistere ad una liturgia, quando fu bloccato lungo la strada e catturato perché cristiano. In prigione, rifiutandosi di sconfessare la sua fede, venne condannato a morte.
Le ampolle, il sangue e la liquefazione. Il Santo venne decapitato presso la Solfatara, un vulcano vicino a Pozzuoli, dopo che le belve dell’Anfiteatro Flavio si inchinarono a lui rifiutandosi di toccarlo. Nel momento del martirio, dopo l’esecuzione, vennero riempite due ampolle con il sangue di San Gennaro (oggi custodite presso il Duomo di Napoli), reliquie che rimarranno per sempre legate all’iconografia del Santo e che sono ancora oggi le protagoniste di tre appuntamenti (il sabato precedente la prima domenica di maggio e negli otto giorni successivi; il 19 settembre e per tutta l’ottava delle celebrazioni in onore del patrono, ed il 16 dicembre, giorno in cui grazie all’intercessione del Santo cessò l’eruzione del Vesuvio del 1631), quando si ripete il “miracolo” della liquefazione del sangue, la cui prima testimonianza risale al 1389: i cronisti medievali riportano che durante una processione pubblica, il sangue delle ampolline passò dallo stato solido allo stato liquido.
Dopo la prima manifestazione del miracolo, il culto di San Gennaro continuò a raccogliere sempre più fedeli, che regolarmente andavano a far visita alle spoglie custodite nelle catacombe. Per rendere omaggio al patrono, nel 1497, le reliquie e le ampolle del sangue vennero collocate all’interno di una nuova cripta decorata in marmo, costruita sotto il presbiterio della cattedrale di Napoli.
Una devozione dei napoletani verso il Santo che si rafforza con il passare del tempo tanto che nel 1527 la città di Napoli decide di fare un voto a San Gennaro: il popolo, in cambio di protezione dai flagelli, avrebbe costruito una nuova sede per il reliquiario del sangue. Nel 1608, sotto la supervisione della Deputazione, inizia quindi la costruzione della Real Cappella che terminerà nel 1646, l’organizzazione laica che ancora oggi si occupa della difesa della collezione del Tesoro.
La Collana di San Gennaro. E’ uno dei gioielli più preziosi esistenti al mondo, per costruirla nel 1679 vennero utilizzare tredici grosse maglie in oro massiccio al quale sono appese croci tempestate di zaffiri e smeraldi. Oggi comprende anche altri gioielli di diversa fattura e datazione e di provenienze illustri, come ad esempio una croce donata nel 1734 da Carlo di Borbone, una croce offerta dalla regina Maria Amalia di Sassonia, una ciappa in tre pezzi con diamanti e smeraldi, una croce e una spilla in diamanti e crisoliti offerte da Vittorio Emanuele II di Savoia ed altri oggetti ancora. Particolare curioso è che nel 1933 Maria Josè, moglie di Umberto II di Savoia, si trovò a visitare la Cappella di San Gennaro in forma privata e non avendo portato con sé nulla da donare, si sfilò l’anello che indossava offrendolo al Santo. Questo dono regale trova ora posto sulla collana.