Cinquanta lunghi anni passati per metà come cameriere al Rainbow Room ed in giro per gli States ad aprire locali famosissimi come Palio e soprattutto San Domenico: si potrebbe sintetizzare così la vita di Tony May, uno dei guru della cucina italiana in America, che ha deciso di chiudere a New York il suo ristorante “SD26”.
La sua storia inizia a Torre del Greco, in provincia di Napoli, lui primo di otto figli di un capitano di marina decide di emigrare per inseguire il suo sogno americano: “A quei tempi c’erano solo tre possibilità per vivere: lavorare il corallo, navigare o emigrare: io sono emigrato”, amava raccontare il re della tavola alla sua clientela che includeva capitani di industria, politici e celebrità dello spettacolo, basti pensare che Luciano Pavarotti, che abitava a due passi, ordinava a San Domenico la cena take away.
Quella di May è stata una carriera fulminante. Lo sbaro a Manhattan, il lavoro da cameriere al Rainbow Room al 65esimo piano del Rockefeller Center. Nel marzo del 64 diventa maitre di sala, quattro anni dopo, direttore del ristorante. Passano dieci anni e ne rileva la proprietà. Nel 1986 apre il Palio, due anni dopo il San Domenico a cui il New York Times regala subito tre stelle, la prima volta per un locale italiano.
Nel 1997 arrivano Gemelli e Pasta Break alle Twin Towers, distrutti l’11 settembre. Nel 2008 San Domenico fu costretto a chiudere per un repentino quanto vertiginoso aumento degli affitti. May non demorse e decise di aprire SD26 a Madison Square Park, in quella che stava diventando una piazza “polo della buona cucina”, a pochi metri si trova anche Eataly. Fino alla chiusura.
Da domani SD26 infatti chiuderà i battenti, Tony May ha deciso di vendere la sua ultima creazione a John Doherty, ex executive chef del Waldorf Astoria. Il motivo? Troppa burocrazia. Come lo stesso Tony ha dichiarato al New York Times: “Ho 77 anni. Ne avessi 40 ce l’avrei fatta. Non riesco più a fare il mestiere come piace a me, passare tempo in sala con i miei clienti. Sono diventato un amministratore costretto a passare il mio tempo a trattare con regole messe in piedi da un governo che non capisce questo business”. Non ha aiutato il fatto che la figlia di Tony, Marisa, che per anni è stata la sua aiutante di campo e general manager, si sia sposata e trasferita a Roma. Anche Tony pensa di lasciare l’America, ma non il food business: tra i suoi piani c’è quello di aprire una scuola di cucina in Marocco, il paese di origine di sua moglie.