Aprendo le porte del Musa, il Museo Universitario delle scienze e delle arti

Situato nel Complesso di Santa Patrizia, sede della Facoltà di Medicina della Luigi Vanvitelli

C’è, nel quartiere di Caponapoli, uno dei musei più particolari di Napoli: il Musa, ovvero il Museo Universitario delle scienze e delle arti.

Il museo si trova all’interno del Complesso di Santa Patrizia, sede della Facoltà di Medicina dell’Università Luigi Vanvitelli. Tra lunghi corridoi e aule piene di studenti piegati sui libri si arriva alla sala del museo. Varcare la porta non significa solo entrare in un luogo di religioso silenzio ma anche, in un certo senso, fare un viaggio nel tempo. Sembra quasi di entrare nello studio di un dottore, o scienziato, del secolo scorso! Le teche in legno pregiato, lungo tutte le pareti e al centro della sala, ospitano la più bizzarra e curiosa collezione che troverete in città!

Ci sono microscopi antichi, ferri chirurgici, una cospicua collezione di ceroplastica, calchi vascolari, teschi antichi e finanche, non spaventatevi, malformazioni fetali conservate in formalina e corpi mummificati.

Ma com’è nata una collezione così particolare? La parte più antica del Gabinetto di Anatomia risale al XVII secolo e fu formata dal chirurgo e anatomista Marco Aurelio Severino, poi è stata arricchita nei secoli dagli anatomisti Domenico Cotugno e Antonio Nanùla. Il rettore dell’Università Giovanni Antonelli dispose, all’inizio del XX secolo, il trasferimento del Gabinetto di Anatomia nel Complesso di Santa Patrizia (Via Luciano Armanni, 5 – Napoli) tutta la collezione è stata puntualmente inventariata solo dal 2016.

Il museo, con i suoi 3000 pezzi, rappresenta non solo un’importante collezione, ma anche l’evoluzione attraverso i secoli dello studio dell’anatomia. Ad esempio il gruppo di ceroplastica testimonia l’uso comune nei secoli scorsi di studiare anatomia attraverso sculture in cera iperrealistiche. Attraverso tali riproduzioni si studiavano anche le malformazioni fisiche, per questo la collezione raccoglie una serie di “mostruosità” o “stranezze”, come la ricostruzione dell’apparato riproduttore di un ermafrodita.

La collezione di crani raccoglie esemplari dal mondo antico fino al 1800; alcuni furono rinvenuti tra gli scavi di Pompei ed Ercolano mentre altri appartenevano ai copri dei condannati a morte del Tribunale della Vicaria di Napoli. Alcuni di questi sono stati oggetto degli studi fenologici del professor Giovan Battista Miraglia. La frenologia era uno studio secondo cui si potevano conoscere la personalità e le capacità psichiche di una persona basandosi su un’attenta analisi del cranio. Per questo alcuni dei crani delle collezioni presentano ripartizioni in diverse aree che, secondo la frenologia, corrispondevano a determinate caratteristiche psicologiche.

In particolari preparazioni liquide sono invece conservati i corpi di alcuni feti malformati, organi sezionati, il viso di una fanciulla e tanto altro.

Un museo che in sé non fa altro che mostrare i lunghi studi sul corpo umano e come questo si sia dovuto osservare, letteralmente, dal di dentro. Certo, ad alcuni può sembrare un po’ macabro ma le conoscenze di oggi non sarebbero state possibili senza queste attente analisi, del tutto usuali nei secoli scorsi.

Le curiosità che si possono scoprire nel museo sono tantissime come i tsantsas di Indios Jivaros oppure il tavolino realizzato in sangue, cervello, fegato, bile e polmoni dello scienziato Elisio Marini; costui impiegò gran parte della sua vita a studiare la mummificazione. Alcuni esemplari sono ovviamente nel museo.

Probabilmente un museo diverso dal solito ma che in fondo vuol solo farci accettare che “siamo fatti così”.

Le visite si effettuano su prenotazione chiamando il numero sottostante o inviando una mail.

Aperto dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 14.00.

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