Dal Collana al Menti, dal Vestuti al Partenio: la storia di una passione dai mille colori
Andar per stadi è come sfogliare un album di famiglia. Navigare tra i ricordi, le emozioni vissute nel rotolare di un pallone. Il calcio, al di là della fede e del tifo, è elemento in grado di unire e dividere le comunità, sicuramente di raccontarle in maniera fedele e precisa. Come farebbe, appunto, una vecchia fotografia.
La passione sportiva è carica di episodi, aneddoti, avventure, aspirazioni, delusioni, illusioni, glorie e miserie che hanno avuto come loro scenario i vecchi (e nuovi) campi sportivi. Ogni angolo della Campania ha il suo, spesso è venerato come un piccolo tempio perché si tratta di scrigni preziosi, carichi di memorie e di storie di uomini che altrimenti sarebbero andate perdute, insieme a un mondo che non c’è più.
Di stadi che meriterebbero una visita (e in molti casi una riassettata) ce ne sono moltissimi. Il Collana al Vomero, lo stadio in cui giocò il Napoli del Comandante Achille Lauro, che si svenò per Hasse Jeppson, ‘o Banco ‘e Napule, che portò in azzurro quelle leggende immortali come Bruno Pesaola. Una storia lunga che passa fino alla favola moderna e traslucida del San Paolo dove Maradona, Bruno Giordano, Careca e gli altri, tolsero gli schiaffi (pallonari) dal volto dei tifosi del Ciuccio, un destino che (oggi) sperano replicheranno Mertens e compagni, dopo gli anni bui passati in B e addirittura in C.
A Salerno c’è il Vestuti dove Valentino Mazzola e il suo Grande Torino svelarono la bellezza del calcio a un popolo che già ne era innamorato, dove concluse la sua carriera il grandissimo Agostino Di Bartolomei. Con l’addio di Ago chiuse i battenti anche lo stadio, il calcio si spostò all’Arechi dove i cuori granata conobbero per un’altra volta, il profumo della Serie A.
Ad Avellino c’è il Partenio dove i lupi irpini disputarono la serie A per dieci anni di fila, nel decennio più bello del calcio italiano, quello degli anni ’80. Una storia di uomini e di personaggi, riassunta nella figura mitologica dell’ex presidente di quegli anni, l’incommensurabile Antonio Sibilia. Divenne la sua esuberanza rustica, proverbiale.
E in mezzo, mille storie di calcio, tutte dentro e fuori un campo. Lo stadio Giraud di Torre Annunziata, che ospitò la gloriosa riconquista della serie B alla fine degli anni ’90 di quello stesso Savoia che nel ’24 quasi scippò lo scudetto all’imbattibile Genoa. A Torre Annunziata, poi, ebbe i natali un altro grandissimo personaggio dello calcio italiano, l’avvocato Peppino Prisco, una vita trascorsa sotto la bandiera nerazzurra dell’Inter.
A Caserta la passione per il calcio e il senso di delusione per una decisione della Federazione fece esplodere la prima rivolta dovuta al pallone. La promozione in B conquistata sul campo, il Pinto (inaugurato nel 1936), fu cassata a causa di una presunta combine denunciata dal presidente avversario del Taranto. I vertici federali decisero di comminare sei punti di penalizzazione ai rossoblù campani, facendo sfumare l’approdo in B. Nel settembre del 1969, Caserta divenne un campo di battaglia. Finì con novanta persone in manette e centinaia di milioni di lire di danni.
Eppoi, la favola della Cavese allo stadio che oggi si chiama Simonetta Lamberti, in memoria di una bimba innocente uccisa dalla violenza della camorra. Quegli anni ruggenti in B che per una manciata di punti fallì la promozione in A con Santin in panca (era l’anno di Milan-Cavese 1-2, stagione 1982/83). La passione ruggente del Menti di Castellammare di Stabia e della voglia di ritrovare subito la cadetteria, da qualche anno perduta; la storia sportiva, affascinante e grintosa della Nocerina, della Paganese. C’è chi la storia la sta scrivendo oggi, il Benevento, sperando che possa subito cambiare il registro e il tono di un sogno atteso per oltre ottant’anni e che si sta trasformando nella stagione devastante dei record negativi della Serie A.
Fosse un itinerario, a questo punto, non saremmo nemmeno a metà cammino. Perché il calcio in Campania, a ben guardare (e se si avesse l’accortezza di capire che certi luoghi vanno difesi, ripristinati e tutelati proprio come fanno in Inghilterra) ha una storia sportiva affascinante, fatta di uomini, curve, squadre, dirigenze che merita di essere raccontata e ricordata. Perché riflette, fedele, la storia recente della nostra società.