
La mostra sarà ospitata nelle sale del MANN fino al 30 giugno 2024
Dopo il grande successo della esposizione alle Scuderie del Quirinale a Roma, arrivano a Napoli nella prestigiosa sede del Museo Archeologico Nazionale i Bronzi di San Casciano. Dal 15 febbraio al 30 giugno 2024 sarà possibile vedere dal vivo quelli che sono considerati i ritrovamenti archeologici più importanti degli ultimi anni. Grazie al Direttore Generale dei Musei del Ministero della Cultura Massimo Osanna siamo entrati nei laboratori di restauro del Mann, dove le statuette votive sono nelle sapienti mani dei restauratori.

A San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena, vi era un grande santuario termale con una vasca dedicata alla misteriosa divinità Havens, che vuol dire “fonte calda“. Il luogo permette di indagare intorno quel particolare punto di svolta nella storia dell’Italia Centrale che è l’incontro tra gli Etruschi ed i Romani. Vengono in soccorso anche le testimonianze epigrafiche: conosciamo nomi, storie di aiuto e soccorso incise sulle eleganti statuette di bronzo che raffigurano teste, corpi, arti, figure intere e che raccontano di una frequentazione assidua nel tempo prima degli Etruschi e poi appunto dei Romani, che conquistarono quelle zone.

La mostra di Napoli, che tra l’altro sarà ospitata in delle nuove sale destinate esclusivamente agli allestimenti temporanei, avrà quattro pezzi nuovi che non erano presenti a Roma. tra cui un meraviglioso pesciolino ex-voto in cristallo di rocca, che è un materiale considerato sacro nel mondo antico perché riusciva a mettere in relazione e comunicazione il mondo umano con quello divino.
I reperti raccontano una storia di fede e di sofferenza che va dal III secolo a. C. al I secolo d. C., rappresentano le storie e le speranze di uomini che cercano, grazie alle acque curative ritenute magiche perché abitate dalla divinità, di impetrare la guarigione. A volte accade: è così che un guarito offrì il bronzo di un efebo che ha ancora il volto emaciato dalla sofferenza, ma il corpo è forte e vigoroso perché liberato dalla malattia. Uno dei pezzi più superlativi è senza dubbio l’Apollo saettante: il dio è colto mentre sta facendo un elegante passo di danza e contemporaneamente scaglia una freccia, cosa molto complessa per un essere umano ma per un dio tutto è possibile. L’analisi dei bronzi ha portato anche a particolari scoperte, come le tracce d’argento sul capo dell’Apollo, segno della presenza un tempo di una coroncina oggi perduta.

Il santuario fu attivo sino al V secolo quando un fulmine lo colpì in pieno. Secondo le credenze antiche questo evento aveva del miracoloso, era il dio che si era manifestato ed aveva sacralizzato il luogo, rendendolo di fatto intoccabile da mani umane e profane. Così le statue vennero calate nella vasca, insieme a tutte le offerte votive di monete e persino le colonne che ornavano il tempio, in modo tale da sigillare totalmente l’area sacra. Al di sopra venne adagiata una copertura di tegole con l’effigie di una folgore. Si celava agli occhi il santuario ma questo gesto ha permesso a noi, secoli dopo, di ritrovare intatto un tesoro di inestimabile valore.