Riti, leggende e tradizioni in Campania per celebrare il Santo venuto dall’Asia Minore
Dicembre è da sempre un mese foriero di eventi che rimandano agli antichi riti pagani del solstizio d’inverno, volti a propiziare il ritorno della luce e delle giornate più lunghe, che la Chiesa, nel tempo, ha “cristianizzato” e fatto coincidere con le feste religiose.
Così, come nel caso delle celebrazioni legate a Sant’Andrea, anche per la ricorrenza di San Nicola, che cade il 6 dicembre, in diversi luoghi della Campania si accendono dei falò per far sì che il Santo porti prosperità e benessere a tutta la comunità.
San Nicola era un vescovo dell’Asia Minore le cui spoglie, nel 1807, furono traslate a Bari dove, in suo onore, fu costruita una magnifica cattedrale. Il culto è molto forte nell’Europa del Nord, specialmente in Germania: basti pensare che il moderno “Babbo Natale” nei paesi anglofoni altro non è che Santa Claus, derivazione dall’olandese di San Nicola.
È considerato il protettore dei bambini in età scolare e delle “ragazze da marito”, tanto è vero che a Castelvetere in Val Fortore, vicino Benevento, la ragazze che vogliono trovare un fidanzato, nel corso della processione del 6 dicembre, offrono al loro protettore i cosiddetti “pani di san Nicola”.
In altri centri della Campania, invece, come San Nicola Baronia, in provincia di Avellino, o la frazione Gallo di Comiziano, vicino Nola, la ricorrenza del Santo si festeggia accendendo un grande fuoco, anche se la tradizione più antica è probabilmente quella che si celebra a San Nicola la Strada, cittadina in provincia di Caserta.
Qui, la sera del 5 dicembre, alla vigila della ricorrenza del Santo, ispirandosi ai versi di un’antica filastrocca che recita “suonno si viene, viene alla buon’ora all’ora ca’ nasceva Santu Nicola”, alcuni volontari accendono la “lummenera”, un grosso falò il cui scopo è quello di portare gioia e prosperità. Si racconta, inoltre, che in epoche passate, al “Tuorno” e al “Trivice” – i due quartieri storici del paese, ovvero la Rotonda e la Piazza – si faceva addirittura a gara a chi riusciva a realizzare i fuochi più grandi, più luminosi, più durevoli, ma, allo stesso tempo, era anche un’occasione per assaggiare il vino nuovo, mangiare in compagnia e ballare al suono delle tammorre.