La bottega storica di Luigi Grassi, tra incanto e tradizione
Come mastro Geppetto era riuscito a dar vita ad un pezzo di legno, il caro Pinocchio, allo stesso modo uno scenografo dei teatri di corte e dei teatrini di pupi, alla fine dell’800, riuscì a ridare vita alle bambole rotte nella sua bottega di via San Biagio dei Librai a Napoli: l’Ospedale delle Bambole.
Questa però, non è una favola, anche se qualcosa di magico doveva esserci certamente. Il protagonista della storia era solito portare i baffetti arrotolati all’insù e boccolo sulla fronte, il suo nome era Luigi Grassi, a cui una mamma, disperata, aveva chiesto aiuto per riparare la bambola della sua bambina.
Era quello il tempo in cui le cose si aggiustavano, per esigenza ma anche per affetto. Gli oggetti avevano “un’anima”, e dovevano avere una lunga vita, in particolare i giocattoli, che venivano passati di figlio in figlio nelle numerose famiglie di una volta.
Così, quando quella mamma disperata ritornò in bottega a riprendere la bambola, perfettamente aggiustata, decise che avrebbe raccontato a sua figlia la storia di un mago, che aveva compiuto una magia sul suo giocattolo.
L’incanto del luogo dove si ridava nuova vita ai balocchi, iniziò ben presto a diffondersi e in poco tempo la bottega si riempì di bambole rotte. A chi mancava un pezzo, chi aveva un’ammaccatura, chi necessitava di cure. C’erano bambole di ogni genere, di porcellana, con vestiti ricamati, committenze importanti.
E furono proprio le “cure” date alle bamboline da riparare, che suscitarono in un passante una simpatica esclamazione da cui Luigi Grassi prese lo spunto per l’insegna della sua bottega: “me pare proprio o’ spitale d’è bambule”. Da quel giorno all’ingresso del laboratorio campeggiò una piccola insegna, su una tavoletta di legno tinta in rosso con una piccola croce: era nato l’Ospedale delle Bambole.
Tra le due guerre il figlio di Luigi, Michele Grassi raccolse l’eredità dell’attività paterna, superando le difficoltà del periodo con l’attività da bottega, in cui oltre a sistemare le bambole, creava allestimenti per le vetrine, fabbricava manichini, lavori su misura per sarti e addobbatori.
Dopo Michele è la volta del figlio, Luigi, che non eredita solo il nome del nonno ma anche la sua arte, arricchendola con nuove acquisizioni: inizia a collezionare santi, pastori e bambole rare.
Luigi ha saputo farsi amare dai suoi clienti e in particolare dalle bambine, a cui assicurava con storie tenerissime, che le compagne di gioco e dei sogni più belli, erano al sicuro e presto si sarebbero rimesse in piedi.
Oggi le commesse giungono da tutto il mondo, bambole di ogni provenienza e razza trovano ospitalità nella bottega storica al civico 81 di via San Biagio dei Librai, con molte novità al passo coi tempi. Si aggiustano anche i peluche nell’”Ambulatorio veterinario”, c’è un Bambolatorio (al civico 46), dove giocare liberamente nello spazio gioco, e l’ospedale è aperto al pubblico su prenotazione, per cui ormai costituisce un luogo speciale della tradizione partenopea e una tappa da non mancare in una visita alla città. Soprattutto per i bambini.
Perché l’Ospedale delle Bambole, era, ed è ancora oggi con Tiziana, figlia di Luigi, e Alessandra un luogo incantato, che non passa di moda, non subisce traumi né crisi di sorta, come accade nelle migliori delle favole.
Il museo è visitabile dal lunedì al venerdì dalla ore 10.00 alle ore 17.30, il sabato dalle ore 10.00 alle ore 18.00 e la domenica dalle ore 10.00 alle ore 14.00.